“Ci metterei la firma”, si dice per garantire al massimo un’idea o un progetto. Per Peppe Di Giuli, che espone le sue “firme scultoree” a Milano dal 13 ottobre al 10 novembre alla Galleria Carte Scoperte via Maroncelli 14 Milano, una cifra stilistica dei Futuristi che vale la pena di studiare sta proprio nella firma delle loro opere. Con un processo di ri-facimento della calligrafia di un Boccioni, un Balla o un Depero, per citare i più noti; con la sua interpretazione tridimensionale fatta di legno pazientemente cesellato allo sgorbio e poi laccato, Di Giuli compie il percorso inverso a chi intende “appropriarsi” di un’opera d’arte: l’artista umbro infatti lavora duramente per diventare egli stesso, con la sua mano e il suo gusto, “appropriato” ai maestri del Futurismo dai quali non ha mai smesso di trarre ispirazione.
Così Di Giuli mette in gioco tutta la sua abilità di scultore con solido curriculum di designer e nascono queste “firme 3D”, proiezioni spaziali e al tempo stesso “materializzazioni” di quel concetto straordinariamente complesso che chiamiamo “identità”. Facendo leva sulla competenza di designer maturata in anni di lavoro e valsa a vincere due Compassi d’Oro, Di Giuli scava sugli albori dei rapporti tra arte e pubblicità, intuizione che, come ci spiega lui stesso, «dobbiamo a Fortunato Depero: fu lui», racconta Peppe, «il primo non solo a dire ma anche a dimostrare che la pubblicità è arte, aprendo la strada a un imponente movimento che avrebbe in seguito portato alla Pop Art, a Andy Warhol». Grande esperto di Futurismo, in queste firme-sculture condensa quindi suggestioni che rimandano al design, alla pubblicità e alla Pop Art, imprimendo in esse un senso del dinamismo che è solo in apparente contraddizione con lo scopo di una firma: stabilire una volta per tutte e per sempre chi è l’autore di un’opera.
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