Mi Fido di Te
Per dire No alla Violenza di genere
Sabato 11 Aprile 2015
Teatro Sociale di Pinerolo (TO)
Sabato 11 aprile, al Teatro Sociale di Pinerolo, va in scena #mifidodite: 10 cortometraggi che vedono protagonisti i ragazzi delle scuole superiori, per dire NO alla violenza di genere
Mi Fido di Te della Diaconia Valdese è la presentazione del progetto e la rassegna di cortometraggi che vede coinvolte le scuole superiori e i centri di formazione del pinerolese in programma sabato 11 aprile, alle ore 21, presso il Teatro Sociale di Pinerolo.
A cura della CSD - Diaconia Valdese – Coordinamento Opere Valli,
in collaborazione con il Comune di Pinerolo, Mi Fido di Te è parte integrante di XSONE 2.0, nonché il compimento dell’omonimo progetto di prevenzione e sensibilizzazione sulla tematica della violenza di genere, che abbraccia la campagna “Ferite, a volte uccise” dell’8xmille del 2013 dell’Unione delle Chiese Valdesi e Metodiste, improntata all’impegno etico e sociale.
Nato con l’intento di focalizzare l’attenzione dei ragazzi non tanto sulla singola situazione di violenza, quanto sulle caratteristiche comportamentali comuni a tutte, Mi Fido di Te ha voluto coinvolgere, in prima battuta, gli studenti, passando di riflesso ai genitori, insegnanti e al territorio intero. Grazie al lavoro di un team affiatato e preparato – Paola Paschetto, responsabile progetto; Alessandra Mattiola, counselor e Anna Giampiccoli, operatore teatrale – si sono create le condizioni affinché, attraverso riflessioni e azioni concrete, si giunga a trovare la modalità che funga da propulsore ad un cambiamento culturale.
Da queste premesse, il progetto ha preso forma, declinandosi nell’arco di sette mesi (da ottobre ad aprile), in quattro momenti cardine – Incontri, Parliamoci, Fucina Creativa, Rassegna di Cortometraggi* - che hanno coinvolto gli studenti e le studentesse delle classi 3°- 4°- 5° degli Istituti Superiori del territorio Pinerolese (Liceo Scientifico Marie Curie di Pinerolo, I.I.S. Porro di Pinerolo, I.I.S. M. Buniva di Pinerolo, Istituto Arturo Prever di Pinerolo e Osasco, Liceo G.F. Porporato di Pinerolo, Istituto Maria Immacolata di Pinerolo, Collegio Valdese di Torre Pellice, CFIQ – Consorzio per la Formazione, Innovazione e Qualità di Pinerolo e Engim Piemonte di Pinerolo) per un totale di circa 600 ragazzi e ragazze e 91 coinvolti nella realizzazione dei video.
10 corti, quindi, che sabato 11 aprile diventano protagonisti sul palco del Teatro Sociale. Due ore attraverso le quali si racconta il progetto nella sua interezza, dalla fase della progettazione a quella di chiusura. Quindi storie, sensazioni, emozioni per riflettere sulla violenza, interpretate dai ragazzi, sotto la regia di Anna Giampiccoli; parole, riflessioni, considerazioni e osservazioni grazie alle quali Paola Paschetto e Alessandra Mattiola intrecciano la perfetta sinossi dello spettacolo. Sul palco anche i rappresentanti delle tre associazioni che hanno collaborato al progetto – Svolta Donna, AnLib e Uomini in Cammino – a raccontare chi sono, cosa fanno e come operano sul territorio.
Una serata per dare voce ad un progetto culturale di sensibilizzazione e cambiamento; per dare voce ai ragazzi che lo hanno vissuto in prima persona, metabolizzandolo e interpretandolo; per coinvolgere il territorio e le istituzioni: una serata per dire No alla violenza di genere!
MI Fido di Te
Per dire No alla violenza di genere
È un No forte, deciso e consapevole contro la violenza di genere quello che sabato 11 aprile, alle 21, si udirà e percepirà, visivamente ed emozionalmente, dal palco del Teatro Sociale di Pinerolo, con #mifidodite. A cura della Diaconia Valdese – Coordinamento Opere Valli, in collaborazione con il Comune di Pinerolo, Mi Fido di Te è parte integrante di XSONE 2.0 nonché presentazione dell’omonimo progetto e rassegna di cortometraggi che vede coinvolte le scuole superiori e i centri di formazione del pinerolese, nell’ambito della prevenzione e sensibilizzazione sulla tematica della violenza di genere.
10 istituti, 10 cortometraggi per una durata totale di circa 50 minuti, 7 mesi di lavoro, oltre 500 ragazzi e ragazze coinvolti, 10 presidi ed altrettanti professori referenti; 3 associazioni operanti sul territorio – AnLib, Svolta Donna e Uomini in Cammino; un responsabile progetto nella persona di Paola Paschetto; un counselor, Alessandra Mattiola e un operatore teatrale-cinematografico, ossia Anna Giampiccoli. Questi alcuni dei numeri che possono aiutarci a tracciare un ideale profilo di quello che è stato, è, e sarà il progetto Mi Fido di Te. Un progetto che parte da una negazione assoluta, quella della violenza, in particolare quella sulle donne, e lo fa andando a parlare con i giovani, in un percorso di sensibilizzazione e prevenzione, in grado di riflettersi sul territorio e sulla società intera. Un progetto emotivamente forte, che ha creato consapevolezze nuove, non solo tra i ragazzi che durante i mesi hanno imparato a mettersi “a nudo”, a confrontarsi con loro stessi e con gli altri, ma anche e, soprattutto, tra gli operatori che hanno creato e seguito il #mifidodite. Gli stessi che abbiamo voluto intervistare, facendoci raccontare la loro esperienza.
Paola Paschetto – Responsabile Progetto
Come nasce il progetto Mi Fido di Te?
Dalla riflessione del tema della violenza, dai numeri raccapriccianti di donne uccise o maltrattate, dai numeri di figli che vivono direttamente e indirettamente queste violenze, nonché vittime a loro volta, dal numero di uomini coinvolti in queste situazioni e dalla voglia di dire NO. Nasce dal senso di responsabilità di dover dire no, dalla voglia e dal senso etico di fare qualcosa, di fare rete e mettersi insieme: ecco perché l'idea di coinvolgere associazioni e scuole. Ma c’è anche il desiderio di cambiamento e da qui la necessità di chiedere aiuto ai ragazzi, ai membri più giovani della nostra e loro società.
Nasce dalla riflessione che questo è un problema di tutti!
Con quale obiettivo e in cosa consiste?
L’intento è quello di focalizzare l’attenzione dei ragazzi non tanto sulla singola situazione di violenza, quanto piuttosto sulle caratteristiche comportamentali comuni a tutte. Il progetto, infatti, ha l’ambizione di coinvolgere tutti, gli studenti, in prima battuta, ma anche i genitori, gli insegnanti e il territorio, così da fornire strumenti e condizioni per avviare un vero e proprio processo di cambiamento culturale e per rompere il silenzio che avvolge chi vive queste situazioni.
Come hanno risposto i ragazzi?
Sono stati stupendi! Attenti e disponibili a riflettere su queste tematiche, a mettersi in gioco, ad aprirsi e, in molti casi, a mettere allo scoperto le loro emozioni e le loro paure. Nel diventare "attori" hanno potuto dar voce al loro pensiero, a volte non solo quello personale, ma anche quello dei propri compagni, grazie al lavoro fatto in classe.
Proseguirà anche il prossimo anno?
Stiamo lavorando per cercare fondi affinché il progetto prosegua e, nel contempo, per rinnovarlo e migliorarlo. Certo che, da parte nostra, dopo un’esperienza così forte e coinvolgente, c’è tutta la volontà di proseguire.
Quale importanza ricopre un progetto come questo all'interno delle scuole?
Poter lavorare con le scuole significa fare prevenzione e sensibilizzazione su tematiche di interesse pubblico: il tutto, con l’obiettivo di costruire una comunità sensibile e attenta. È importante partire dai ragazzi, lavorare e dialogare con loro, ma è altrettanto importante che sia la scuola stessa ad aprire ed aprirsi a progetti come questi. Una tra le più grandi soddisfazioni è l’adesione al progetto di tutte le 10 scuole superiori presenti sul nostro territorio.
Cosa porti con te di questo progetto?
Un arricchimento personale, emozionale e professionale. Per prima cosa il lavoro in gruppo ha dimostrato come sia fattibile mettere insieme tecniche che a prima vista sembrano lontane, come il counselling e il teatro/cinema, che fuse insieme hanno dato un ottimo risultato. Il lavoro con i ragazzi: la loro creatività, il loro sapersi mettere in gioco, la loro capacità di riflessione, la loro freschezza e determinazione. Ed ancora, la collaborazione con le scuole, i loro dirigenti e professori: tutti e 10 gli istituti hanno creduto nel progetto, aprendo le porte alla tematica sociale. Lavorare con le persone, giovani e meno giovani, uomini e donne, italiani o stranieri, è uno strumento di crescita. Il nostro strumento personale e professionale che, sempre, vuole mettere al centro la Persona.
Anna Giampiccoli – Operatore teatrale e cinematografico
Come nasce l'idea di realizzare dei video con i ragazzi?
La prima motivazione è stata di tipo tecnico. La Fucina Teatrale era nata inizialmente con l’idea di realizzare, in vista della serata conclusiva del progetto, uno spettacolo teatrale che riunisse i lavori prodotti dai diversi gruppi che si sarebbero venuti a creare nei vari istituti. Tuttavia le iscrizioni ai laboratori sono
state così numerose da imporre un cambio di rotta: impensabile mettere in scena uno spettacolo con circa novanta attori che si incontrano tutti insieme un’unica volta. Da questa esigenza, nasce l’idea di rivolgersi al linguaggio video che, non solo ha risposto perfettamente ad alcune esigenze tecniche ma, essendo un mezzo congeniale ai ragazzi, ha reso possibile sintetizzare e comunicare tutta una serie di riflessioni ed emozioni che sono emerse durante i primi incontri con un linguaggio conciso e nello stesso tempo di grande impatto emotivo.
Come hanno risposto i ragazzi?
In maniera entusiasta. Simpatici e disponibili, si sono messi in gioco con interesse e trasporto. Il cinema non è facile: ripetere la stessa scena all’infinito, o aspettare per molto tempo il proprio turno per girare, può risultare noioso eppure hanno sempre partecipato con grande entusiasmo.
Come è avvenuta la scelta dei video da realizzare?
Abbiamo fatto vedere ai ragazzi una serie di video e spot sulla violenza di genere, in modo che potessero scegliere che tipo di corto girare: descrittivo, corale, simbolico, ecc. Ci siamo poi concentrati sul messaggio da voler comunicare soffermandosi su quanto emerso soprattutto durante il secondo incontro del progetto quando, a singole classi, i ragazzi hanno avuto modo di discutere e confrontarsi sulla tematica proposta. Altri fattori hanno poi influito sulla scelta del corto da girare: il numero dei partecipanti; la composizione di genere, con gruppi di soli maschi, di sole femmine o misti; e, non certo per ultime, le ambientazioni o location che avevamo a disposizione. In alcuni casi si è cercato di “sfruttare” le ambientazioni per comunicare dei messaggi. Così, per esempio, dalla bella biblioteca del Porporato nasce l’idea di lavorare sul concetto di “silenzio”, necessario e positivo in un luogo di studio, ma dannoso e negativo in una relazione violenta; oppure le vetrine della sezione commerciale dell’Engim hanno dato la possibilità di esprimere il concetto della necessità di mostrare il proprio malessere in una situazione di violenza domestica, in contrapposizione con l’ostentazione, il “mettere in mostra”, e quindi in vetrina, una falsa identità. In altri casi, come al CFIQ, al Porro o all’Immacolata le particolarità e caratteristiche architettoniche dell’edificio hanno per certi versi guidato la scelta del tipo di cortometraggio da girare e del messaggio da comunicare.
Una considerazione personale ed una professionale.
Partiamo da quella personale: questi ragazzi così giovani mi hanno davvero commossa. Mentre montavo i corti, guardando i loro visi ed i loro occhi rivolti in camera, così profondi ed espressivi, mi sono ritrovata spesso e volentieri con un sorriso beota e una lacrimuccia che scendeva. A livello professionale, questo lavoro ha confermato la grande capacità educativa del mezzo artistico. In molti casi i ragazzi hanno dovuto interpretare dei ruoli anche molto distanti dal loro reale modo di essere, a volte anche opposto: esperienza forte che ha permesso loro di avvicinarsi ad una tematica così delicata, facendoli riflettere. L’aver “toccato” con mano delle situazioni di violenza, anche se solo attraverso la finzione, ha contribuito a rendere i ragazzi molto più partecipi.
Cosa porti con te di questo progetto?
Sicuramente il ricordo di una bellissima esperienza, toccante e costruttiva , ma anche molto divertente; la speranza di aver contribuito alla crescita etica e morale dei ragazzi; la voglia di ripetere, proseguire ed allargare l’esperienza ed, infine, un’ammirazione sconfinata per le potenzialità comunicative di WhatsApp che mi ha permesso di gestire l’organizzazione del lavoro in modo straordinario “chattando” con i ragazzi!
Alessandra Mattiola - Counselor
Mi Fido di Te è anche parte del tuo progetto di laurea: dove sta il trait-d’union?
Abbiamo somministrato 490 questionari ai ragazzi per approfondire il tema degli stereotipi di genere negli adolescenti, la presenza di sessismo e come l’oggettivazione del corpo possa spingere ad alcuni comportamenti, come per esempio la non accettazione di sé o disturbi legati all’alimentazione. L’idea è di esplorare le radici culturali che implicano la costruzione del sé.
In cosa consiste lo sportello con i ragazzi?
Lo sportello è nato con l’intento di dare informazioni sulla violenza e sulla differenza di genere, segnalando ai ragazzi libri, filmati e articoli di approfondimento. Molti hanno utilizzato questo spazio per interesse e sensibilità personale o per lavorare sulle tesine del 5° anno. La maggior parte dell’attività è stata di ascolto ed i ragazzi hanno portato ed esposto le loro difficoltà: a volte la pesantezza di situazioni famigliari difficili, complesse, altre volte le relazioni con i propri compagni di classe, o con il ragazzo. La difficoltà relativa all’autostima o alla percezione di sé come capace. Contemporaneamente è andato diffondendosi l’uso di Whats App per contattarmi o chiedermi uno spazio di ascolto meno strutturato ma altrettanto intenso e importante.
Cosa ti ha lasciato il rapporto con loro?
La potenza dell’incontro, la magia dello scambio. Ogni volta che mi viene raccontata una storia, una difficoltà o una fatica, vedo nei loro occhi il desiderio di raccontarsi e di essere ascoltati. Il mio è un ruolo particolare: ascolto, accolgo e sto con loro. Li accompagno in un percorso e in una riflessione, costruendo contesti di fiducia. Nel Mi fido di Te c’è una circolarità per cui loro si fidano di me e io di loro, producendo così un circolo virtuoso che dà l’abbrivio ad una situazione di maggior benessere.
Una considerazione personale ed una professionale.
È stata una bella avventura! Ho visto un progetto prendere vita, realizzarsi ed ho vissuto il coinvolgimento delle persone: ragazzi, insegnanti e famiglie. Ho avuto in alcuni momenti l’impressione che il progetto abbia prodotto un cambiamento nelle persone, una presa di coscienza, un desiderio di partecipazione.
Professionalmente non posso che evidenziare il magnifico lavoro di squadra: Paola Paschetto ha creduto fin da subito nel progetto, investendo energie, entusiasmo e coraggio mentre Anna Giampiccoli ha messo a disposizione la sua professionalità e la grande attenzione alla rete, al territorio, creando così il coinvolgimento di tutti gli attori. Una sinergia perfetta che tende sempre a produrre buoni risultati.
Cosa porti con te di questo progetto?
L’idea che sia possibile produrre un cambiamento sociale se ci credi, se investi , se costruisci contesti di partecipazione.
Paola Paschetto
Monica Onnis
Coordinamento Opere Valli
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