Milano è Milano. E “il mare dentro” è la sua terra d’origine.
L’autore, moderno migrante ricco di quesiti identitari, allaga la metropoli. Migliora la propria condizione esistenziale. Si afferma professionalmente. Mette su famiglia.
Ma poi, come sopravvivere a Milano, quando gli affetti, l’intero paesaggio culturale e gli umori liquidi del luogo d’origine riprendono a sedurre? Far leva sul benessere acquisito come fattore di appagamento, o morire di nostalgia?
E che ne sarà domani, e domani l’altro? Sempre e soltanto a Milano, dove il “lavoro è un’abitudine” e il “tempo meditativo è un lusso”? O anche a Bisceglie, dove i “sospiri” sono dolci e il dialetto è amaro, specie quando traduce sottilmente i verbi “venire” e “tornare”?
Se oggi l’autore affresca l’una e l’altra realtà, che farà domani? Ancora il bancario nella capitale lombarda o “il custode del fuoco” adolescenziale, ravvivato nel braciere biscegliese grazie alla “paletta di ferro” e al “ventaglio di cartone” che porta sempre con sé?
Non sono domande da poco. Rinviano a opzioni esistenziali. Come quelle di altri migranti più sfortunati, che si dibattono fra amori, confini e muri.
Il percorso iniziale è da Sud a Nord. Dal paese mediterraneo alla città europea. Cesura e innesto nella nuova realtà. Studio e lavoro. Radici e frutti. Sogni e soldi. Ambizioni e consumo…
Il viaggio successivo è più ampio e complesso: Milano Bisceglie Milano. Due mondi diversi, andata e ritorno. Due universi. Che l’autore conosce nelle pieghe e nelle piaghe – perché ha occhi per vedere e cuore per sentire – e prova ad accordare, raccontandoli con intelligenza filosofica e dovizia di aneddoti sapienziali.
La prima costellazione è solare e umana, lì “dove i tempi e gli spazi si dilatano all’inverosimile”; l’altra è concreta e frenetica, lì “dove il recupero è affidato al silenzio della festività”, alla dimensione religiosa domenicale, mentre il feriale è laico: legato all’obliteratrice della metro, varcata la quale, come al nastro di partenza, c’è da scattare e basta, per protrarre la corsa senza sosta.
Avviluppato al cuore e alla mente, l’autore estende la propria ricerca di senso all’uno e all’altro mondo, confrontandosi con gli ambienti di vita concreta e i volti che li abitano.
Il testo è un rogo che arde sui ceppi del vissuto.
Allora: Milano o il luogo natio? La giostra dei fattori identitari richiede un altro giro.
Giuseppe Selvaggi, classe 1955, è nato e ha vissuto sino a 27 anni a Bisceglie (BT).
Laurea in Scienze Politiche – indirizzo Storico Politico conseguita presso l’Università degli Studi di Bari.
Vive e lavora a Milano in ambito bancario.
Cultore di tradizioni popolari, animatore a Milano di associazioni culturali e ideatore di centinaia di eventi di promozione e conoscenza delle culture e delle genti che popolano le città metropolitane. Apprezzato conferenziere, collabora con periodici e giornali locali.
Il libro è stato precedentemente presentato
Milano Salone degli affreschi Società Umanitaria venerdì 13 maggio 2016
Torino Salone Internazionale del Libro Lingotto Fiera domenica 15 maggio 2016
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