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Luglio 2024
eventiesagre.it
Luglio 2024
Numero Evento: 21159311
Eventi Culturali
Voci Dall' Alluvione Lettere Al Sindaco Piero Bargellini E Sua Moglie Lelia 1966-67
Presentazione Del Libro Sull' Alluvione Di Firenze
Date:
Dal: 19/12/2016
Al: 19/12/2016
Dove:
Logo Comune
Via Cavour 2
Toscana - Italia
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Fonte
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Evento Passato! Per aggiornamenti: segnalazione@eventiesagre.it
Scheda Evento
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Voci Dall' Alluvione Lettere Al Sindaco Piero Bargellini E Sua Moglie Lelia 1966-67

Presentazione Del Libro Sull' Alluvione Di Firenze

Lunedì 19 Dicembre 2016 - dalle ore 17:30 alle ore 19:00
Sala Gigli - Palazzo Del Pegaso - Via Cavour 2 - Firenze (FI)

Voci Dall' Alluvione Lettere Al Sindaco Piero Bargellini E Sua Moglie Lelia 1966-67 - Firenze

Presentazione del libro “ VOCI DALL' ALLUVIONE : Lettere al sindaco Piero Bargellini e sua moglie Lelia 1966-67
Lunedì 19 dicembre ore 17,30 Sala Gigli - Palazzo del Pegaso Via Cavour 2, Firenze
con:
Eugenio Giani; Presidente del Consiglio regionale Paolo Bambagioni: consigliere regionale Annegret Hoehler, Curatrice del volume Diana Toccafondi, Sovrintendenza Archivistica e Bibliografica della Toscana Giovanni Pallanti, giornalista Adriano Rigoli, Presidente Associazione Nazionale Case della Memoria Gregorio Nardi, nipote di Piero e Lelia Bargellini Coordina Marco Capaccioli, Editore

La sede del consiglio regionale ha un nuovo nome, Palazzo del Pegaso, dal simbolo della Regione Toscana, ed è un percorso museale gratuito.
Storia di storie
Il fango è stato tolto, ma le ferite sono ancora aperte. Le prime lettere di supplica arrivano al sindaco Piero Bargellini a poco più di un mese di distanza dall’alluvione e continueranno fino al 1967. Sono indirizzate allo studio dove il sindaco aveva trasferito di fatto l’ufficio del Comune perché fosse evidente a tutti gli esterni, in modo plastico, la dimensione della tragedia. Per andare da lui non ci doveva essere la mediazione degli scalini di Palazzo Vecchio, ma la melma della strada. Le ha conservate lo Studio Bargellini e se ne pubblicano ora sessanta, che sono solo una parte dell’intero corpus. Non sono un caso di scrittura minore. Ci dicono in realtà molto di quella vicenda, quando Firenze avrebbe potuto non esserci più, come scrisse a caldo Ernesto Balducci. Parlano soprattutto dell’onda lunga della tragedia, di come i suoi effetti abbiano continuato a farsi sentire sulla vita delle persone, soprattutto su quelle con condizioni già precarie, ben più in là della durata dell’attenzione pubblica. Ci restituiscono con le parole immagini di interni che non abbiamo mai potuto vedere. La cronaca privilegia, infatti, né potrebbe fare altrimenti, i luoghi pubblici, le opere d’arte, lo sfregio alla città, ma non gli spazi dove si consuma la vita. “L’alluvione mi portò via tutto”, scrive una cittadina e in quelle parole c’è l’inizio di una traiettoria tragica che non sappiamo come si sia conclusa.“Signor Sindaco, la mia casa non era bella, capirà in via dell’Agnolo lo sa che case ci sono, Lei è del rione, ma mi creda oggi la sogno sempre e davanti ai miei occhi rossi di pianto quelle quattro mura scorcinate sono diventate più belle di Palazzo Pitti”, scrive un’altra cittadina con un’efficace trasposizione dal parlato allo scritto. Un passaggio che non è solo linguistico. Segnala una vitalità della relazione civile, un sentirsi alla pari, pur nella forma stereotipata dell’ossequio, che sono tratti di una democrazia urbana viva. Già la storiografia aveva messo in evidenza la relazione tra sviluppo dello stato moderno e la scrittura. Ma in questi testi, oltre che l’abitudine alla burocrazia, emerge la consapevolezza di inserirsi con diritto in un discorso pubblico.Il sindaco è percepito come il patrono della città e a lui ci si rivolge di conseguenza. Le lettere scritte alla signora Bargellini riecheggiano piuttosto la forma dell’intercessione mariana, quella di Maria avvocata nostra. Sappiamo dai ringraziamenti che le richieste talvolta vengono esaudite. Il sindaco attinge direttamente agli aiuti che arrivano da tutto il mondo e invia un assegno da quaranta o cinquantamila lire. Non ci sono passaggi burocratici. Il sindaco si incontra tutti i giorni. La trasparenza è diretta, l’onestà è scontata. “Mi lasciai portare da un sentimento spontaneo e dalla volontà e dal sentimento fiorentino a vivere all’unisono con tutti i fiorentini che ebbero il mio sentimento e la mia volontà”, disse allora Bargellini. Per questi motivi le lettere si propongono ora come un alimento della memoria civile.

Marco CapaccioliVice presidente Associazione Nazionale Case della Memoria Il sindaco di una città è il depositario di speranze, ire, ansie, delusioni di tutti i cittadini. è il primo interlocutore, il più vicino, il più amato od odiato, sicuramente il politico più visibile, più tangibile, quello da tirare in ballo per le piccole incurie quotidiane come per i grandi temi dei trasporti, dell'ambiente, dalla cultura, della vita di una città.Sono orgogliosamente sindaco di Firenze da oltre due anni. Ricevo quotidianamente una mole impressionante di lettere, email, messaggi sui social network, sono spesso fermato direttamente per strada. 'Oh sindaco, ma lo sa che...' la frase più ricorrente che mi dicono i miei concittadini quando hanno da mettermi al corrente di un problema.Leggo e ascolto tutti, a tutti cerco, per quanto nelle mie possibilità, di dare una risposta.Non mi stupisce dunque che adesso vengano alla luce le tantissime lettere, molte delle quali inedite, che i fiorentini scrissero dopo l'alluvione del 1966 al loro sindaco Piero Bargellini. Lettere scritte non pensando a un pubblico, ma per manifestare l'urgenza del dolore, della disperazione, della speranza di ricominciare. Lettere che hanno il merito prezioso di farci scoprire gli umori autentici di una generazione di cittadini ai quali l'Arno portò via tutto e che però ebbero forza, coraggio, intraprendenza per uscire dall'abisso buio dove l'alluvione li aveva precipitati.In un mondo totalmente connesso, dove sentimenti, paure, angosce e speranze vivono lo spazio di un tweet o di una foto condivisa, leggere queste lettere dissepolte da un passato lontano ha il sapore di una sfida: significa fermarsi, sfogliare la carta, riflettere sui sentimenti di una città abbattuta ma mai doma che seppe rialzarsi con tenacia. Grazie anche a quei fiorentini che misero cuore e testa in un carteggio che svela, più di ogni altra cosa, l'amore profondo per la città piegata e le sue istituzioni.

Dario Nardella Sindaco di Firenze

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Data ultimo aggiornamento pagina 2016-12-18 19:34:50
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