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Dicembre 2024
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Dicembre 2024
Numero Evento: 4518
Eventi Feste
I Fuochi Di Sant'antonio Abate
Sant'antoni De Su O'u 2024
Date:
Dal: 16/01/2024
Al: 17/01/2024
Dove:
Logo Comune
Sardegna - Italia
Contatti
Fonte
Manuela Gungui
Evento Passato! Per aggiornamenti: segnalazione@eventiesagre.it
Scheda Evento

I Fuochi Di Sant'antonio Abate

Sant'antoni De Su O'u 2024

Da Martedì 16 a Mercoledì 17 Gennaio 2024 -
Mamoiada (NU)

I Fuochi Di Sant'antonio Abate - Mamoiada

I Fuochi di Sant'Antonio Abate a Mamoiada
16-17 Gennaio 2024 “Sant’Antoni ‘e su ohu”

Quella di Sant’Antonio Abate è una festa nata in tempi antichissimi come rito propiziatorio per la nuova annata agraria.
Celebrata ogni anno il 17 Gennaio, era in passato una delle ricorrenze più sentite in tutte le comunità contadine della nazione.
Anche oggi è molto diffusa in Sardegna specialmente, soprattutto nelle zone rurali e nei paesi della provincia dove le tradizioni sono molto più radicate che nelle grandi città.
A Mamoiada è una vera festa del popolo, senza dubbio la più sentita dagli abitanti del paese.

Origini e Leggende
Sant’Antonio Abate chiamato anche Sant’Antonio il Grande, Sant’Antonio d’Egitto, Sant’Antonio del Fuoco, Sant’Antonio del Deserto o Sant’Antonio l’Anacoreta, eremita egiziano, è conside-rato l’iniziatore del monachesimo cristiano e il primo degli abati.

Nella cultura popolare Sant’Antonio abate veniva raffigurato con accanto un porcellino, per distinguerlo dall’altro Antonio, quello comunemente detto da Padova (e che invece è di Lisbona); spesso era rappresentato con lingue di fuoco ai piedi e aveva in mano un bastone alla cui estremità era appeso un campanellino; sul suo abi-to spiccava il tau, croce egiziana a forma di “T”, simbolo della vita e della vittoria contro le epidemie, cosa a cui sembra alludere anche il campanello, che era utilizzato appunto per segnalare l’arrivo dei malati contagiosi.

Nella vita del Santo non c’è niente che possa accomunarlo ai campi e alla vita rurale, tutt’altro. Antonio abate, di cui si conosce bene la vita grazie alla biografia scritta dal suo discepolo Attanasio (S. Attanasio vescovo) pare sia una figura realmente esistita.

Nato da ricchi genitori cristiani a Coma, nell’Alto Egitto, visse tra il 251 e il 356 d.C., si dice morì ultracentenario. Rimase orfano all’età di vent’anni, divise l’eredità con la sorella e diede la sua parte ai poveri. seguì la vita solitaria che già altri anacoreti facevano nei deserti attor-no alla sua città, vivendo in preghiera, povertà e castità.

Si racconta che ebbe una visione in cui un eremita come lui riempiva la giornata dividendo il tempo tra preghiera e l’intreccio di una corda. Da questo dedusse che, oltre alla preghiera, ci si doveva dedicare a un’attività concreta che divenne il famoso motto Ora et labora, della regola benedettina.

Così ispirato, continua la leggenda, condusse da solo una vita ritirata, dove i frutti del suo lavoro gli servivamo per procurarsi il cibo e per fare carità. In quei primi anni fu tormentato da tentazioni fortissime, continui dubbi lo assalivano sulla validità di questa vita solitaria.

Consultando altri eremiti venne esortato a perseverare, lo consigliarono di staccarsi ancora più radicalmente dal mondo. Allora, coperto da un rude panno, si chiuse in una tomba scavata nella rocca nei pressi del villaggio di Coma. In questo luogo sarebbe stato aggredito e percosso dal demonio; senza sensi venne raccolto da persone che si recavano alla tomba per portagli del cibo e fu trasportato nella chiesa del villaggio, dove si rimise.

In seguito Antonio si spostò verso il Mar Rosso sul monte Pispir dove esisteva una fortezza romana abbandonata, con una fonte di acqua.
Era il 285 e rimase in questo luogo per 20 anni, nutrendosi solo con il pane che gli veniva calato due volte all’anno. In questo luogo egli proseguì la sua ricerca di totale purificazione, pur essendo aspramente tormentato, secondo la leggenda, dal demonio. Con il tempo molte persone vollero stare vicino a lui e, abbattute le mura del fortino, liberarono Antonio dal suo rifugio.

Antonio allora si dedicò a lenire i sofferenti operando, secondo tradizione, “guarigioni” e “liberazioni dal demonio”. È considerato il protettore per eccellenza contro le epidemie di certe malattie, sia dell’uomo che degli animali. È infatti invocato come protettore del bestiame dei porcai; sono a lui de-voti i macellai, è patrono dei salumieri dei fornai e tessitori.

Il Santo veniva invocato anche per scongiurare gli incendi e non a caso il suo nome è legato ad una forma di herpes (herpes zoster) nota appunto come “fuoco di Sant’Antonio” o “fuoco sacro”. Questo morbo invase ripetutamente l’Europa tra il X e il XVI secolo, e fu proprio in questo periodo che si diffuse la credenza nei suoi poteri contro questo male e la sua “festa” entrò a far parte del calendario romano.

Tuttora l’herpes zoster è una malattia diffusa, curabilissima (esiste proprio il vaccino), ma ancora oggi fra i credenti nel popolo Barbaricino esiste la convinzione che per guarire da questo male bisogna celebrare una Santa Messa in onore del Santo raccogliendo offerte con una specie di questua fra i vicini di casa e conoscenti del malato. Offerte che vengono date molto volentieri ma in piccolissima misura e non viene contata l’entità sia dall’offerente che dal sacerdote che ne riceve l’obolo per celebrare la messa.

Nel 1095 papa Urbano II approvò l’ordine degli Antoniani che avranno in tempi successivi proprio il compito di prestare aiuto ed assistenza a questi malati.
Sempre legata al fuoco un’altra leggenda della tradizione pagana vuole Sant’Antonio come colui che riuscì a rubare il fuoco ai demoni per consegnarlo agli uomini. Forse per questo, nella tradizione cristiana, si è inserito il nome del Santo abate come uno dei più potenti contro il diavolo, lo si invoca spesso ed è inserito anche in uno degli esorcismi della religione cattolica.

Una festa di origini antichissime dunque, festeggiare la quale significava e significa, ogni anno, scatenare le forze positive e, grazie all’elemento apotropaico del fuoco, sconfiggere il male e le malattie sempre in agguato.

La Festa a Mamojada
Una festa di buon auspicio per il futuro e all’insegna dell’allegria in passato certamente ma anche oggi. A Mamoiada gli abitanti dei vari rioni concorrono nell’apportare la legna necessaria al proprio fuoco, ma nessun nuovo albero viene abbattuto in quanto il gigantesco falò viene realizzato con le enormi radici dei vecchi alberi abbattuti anni addietro, previa autorizzazione delle autorità competenti.

I festeggiamenti veri e propri iniziano il pomeriggio del 16 Gennaio (sa die de su Pesperu), il vespro, con l’accensione e la benedizione del fuoco in onore del Santo all’esterno della chiesa parrocchiale. Il parroco e i fedeli girano intorno al fuoco per tre volte recitando il “Credo” ad ogni giro, espressione della fede trinitaria che il popolo, nonostante gli aspetti esterni di pietà po-polare, ritiene come il fondamento di tutta la fede cristiana

La tradizione vuole che ciascun rione ac-cenda poi il proprio falò con un tizzone pre-so da questo fuoco dopo la benedizione.
In ogni rione del paese la popolazione si raccoglie attorno ai grandi fuochi votivi ed è uno dei momenti di grande partecipazione sociale che si estende anche ai visitatori forestieri ospitati in ogni vicinato ai quali sono offerti del buon vino e i dolci tipici del periodo.

Per l’occasione i dolci che si fanno a Mamoiada sono di una squisitezza e genuinità unica e in ogni parte del paese il gusto dei vari dolci è pressoché lo stesso, segno di una grande esperienza e tradizione.

È proprio in occasione di questa festa che “escono”, come si dice in paese, per la prima volta nell’anno sos Mamuthones e sos Issohadores (una delle rappresentazioni più arcaiche del folclore isolano); anche questa, non a caso, una manifestazione per propiziare la nuova annata agraria.

Per informazioni:
www.mamoiada.org
www.comune.mamoiada.nu.it

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    Data ultimo aggiornamento pagina 2024-01-17 17:24:49
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