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Numero Evento: 21143618
Eventi Festival
Eventi Vari
Social Cohesion Days
Festival Internazionale Della Coesione Sociale
Date:
Dal: 26/05/2016
Al: 28/05/2016
Dove:
Logo Comune
Emilia Romagna - Italia
Contatti
Fonte
Ufficio Stampa MediaMente
Evento Passato! Per aggiornamenti: segnalazione@eventiesagre.it
Scheda Evento
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Social Cohesion Days

Festival Internazionale Della Coesione Sociale

Da Giovedì 26 a Sabato 28 Maggio 2016 -
Reggio Emilia (RE)

Social Cohesion Days - Reggio Emilia

Le politiche pubbliche per la felicità: da Benjamin Radcliff e François Bourguignon al ministro Poletti. Ecco i Social Cohesion Days

Accoglienza, disuguaglianze, reddito minimo, qualità e innovazione nei servizi educativi, ma anche indennità di accompagnamento e media education: sono numerosi e concreti i temi al centro dei “Social Cohesion Days”, il festival internazionale della coesione sociale, dal 26 al 28 maggio a Reggio Emilia. Tre giornate di confronto e oltre 20 appuntamenti sulla coesione sociale in Europa e in Italia, con grandi nomi dell’economia, della politica: dal ministro Giuliano Poletti a Benjamin Radcliff e Alexander Pacek, da Romano Prodi a François Bourguignon

Ridurre i divari economici, sociali e territoriali esistenti a livello nazionale ed europeo: è questo l’obiettivo delle politiche di coesione, le principali politiche di investimento dell’Unione Europea. In che modo? Sostenendo la creazione di posti di lavoro, la competitività tra imprese, la crescita economica, l’investimento nelle politiche per l’infanzia, lo sviluppo sostenibile e il miglioramento della qualità della vita dei cittadini.

Dal 26 al 28 maggio Reggio Emilia dedica tre intere giornate al dibattito istituzionale e civile su questi temi con i Social Cohesion Days, il festival internazionale della coesione sociale (www.socialcohesiondays.com), alla sua seconda edizione: oltre 20 appuntamenti – tutti gratuiti - tra conferenze, tavole rotonde, spettacoli, proiezioni, concerti. Protagonisti i grandi nomi dell’economia e della politica internazionale: il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, gli economisti Benjamin Radcliff e Alexander Pacek, Romano Prodi, François Bourguignon.

L’iniziativa è promossa da tre organizzazioni pubbliche e non profit: Fondazione Easy Care, Comune di Reggio Emilia, Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli. Reggio Emilia accoglie la seconda edizione dell’evento come città che, per vocazione, mette le persone e i loro bisogni al centro del progetto di comunità.

La “Politica della Felicità” è il tema di apertura: Benjamin Radcliff, politologo dell’University of Notre Dame, Stati Uniti, e Alexander Pacek della Texas A&M University si confrontano sulla relazione tra le politiche pubbliche e la felicità umana all’interno delle democrazie industrializzate (giovedì 26 maggio, Teatro Cavallerizza). Chiude il festival un dialogo su “Disuguaglianza, democrazia e coesione sociale” tra Romano Prodi, fondatore e presidente della Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli, e François Bourguignon, ex capo economista della Banca Mondiale (sabato 28 maggio, Teatro Cavallerizza). Tra i due eventi altri 20 appuntamenti, moderati da grandi giornalisti - Riccardo Iacona, Ferruccio De Bortoli, Gad Lerner – con oltre 50 relatori appartenenti a diversi mondi (università, istituzioni pubbliche, organizzazioni del terzo settore e della società civile, imprese) che affronteranno le varie facce della coesione sociale: immigrazione, inclusione sociale, istruzione, media education, infanzia, integrazione europea.

 “I Social Cohesion Days sono l’espressione collettiva di chi crede che la coesione sociale non possa essere costruita dall’alto o dal basso, ma debba essere un processo circolare in grado di coinvolgere tutti” - sottolinea  Raul Cavalli, portavoce del Comitato Promotore del festival, che precisa: - “Da qui la necessità di costruire delle infrastrutture che consentano di rendere protagonisti i cittadini che si organizzano e si attivano dinamicamente per determinare una società migliore, ricreando così un patto tra le generazioni e – guardando più in grande – tra gli Stati e i loro cittadini”.

La seconda edizione del festival è stata ufficializzata nel febbraio scorso a Roma in una sede d’eccezione: il meeting di Confindustria con Papa Francesco, che ha riunito per la prima volta le imprese italiane in Vaticano. Settemila imprenditori hanno incontrato Papa Francesco per celebrare il “Giubileo dell'Industria”, dove è intervenuto anche Raul Cavalli in qualità di presidente della Fondazione Easy Care che, ricordando l’appuntamento con il festival, ha sottolineato: “Basta con la tirannia del Pil, bisogna investire in settori che possano creare nella società civile un senso di appartenenza”.

Il festival tiene a battesimo un’iniziativa unica in Europa: l’Osservatorio Internazionale sulla coesione e inclusione sociale (OCIS), che viene presentato giovedì 26 maggio alle 11.30 nel corso dell’incontro “La realtà attraverso i dati”, introdotto da Annachiara Cerri del Consiglio d’Europa. Partendo dal presupposto che la coesione sociale è anche il prodotto di politiche pubbliche inclusive e volte alla promozione del bene comune, l’Osservatorio si propone l’obiettivo di essere un laboratorio di idee e proposte per il rafforzamento della coesione sociale in Italia e all’estero e di fornire utili strumenti di conoscenza circa la genesi, lo sviluppo e il consolidamento della coesione sociale nelle comunità politiche e sociali contemporanee.

Inoltre viene presentata una selezione di esperienze concrete di coesione sociale in Italia: circa 60 progetti in totale, che spaziano dalla protezione delle categorie vulnerabili (anziani, minori, disabili) a forme innovative per la risposta ai bisogni delle comunità e l’erogazione di servizi di welfare, dalla promozione del dialogo interculturale, all’accoglienza dei rifugiati. L’obiettivo è dare avvio a un percorso di incubazione di progetti di coesione sociale, creando relazioni tra i protagonisti e sviluppando idee sostenibili ed innovative.

I Social Cohesion Days hanno ricevuto il patrocinio di: Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, UNICEF, Consiglio d’Europa, Parlamento Europeo, Rappresentanza Italiana della Commissione Europea, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Regione Emilia Romagna e Fondazione Cariplo.

Main sponsor della manifestazione è Gruppo ITAS, gli official sponsor sono SCA Group e Stop&go.

Il programma completo su: www.socialcohesiondays.com

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Felicità, accoglienza, uguaglianza: tre giornate, 13 dibattiti, 50 relatori

Grandi nomi e grandi temi. Aprono i Social Cohesion Days i politologi statunitensi Benjamin Radcliff e Alexander Pacek, seguiti dal Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Giuliano Poletti, mentre la chiusura è affidata a Romano Prodi e François Bourguignon, ex capo economista della Banca Mondiale. Sono oltre 50 gli ospiti del festival che si confrontano sulle diverse declinazioni della coesione sociale; a moderare i dibattiti giornalisti importanti, da sempre attivi sulle tematiche sociali: Ferruccio De Bortoli, Gad Lerner, Riccardo Iacona

Cos’è importante per garantire uno sviluppo sostenibile ed equo, che miri al benessere dell’uomo e non solo alla crescita economica? Da questa domanda nascono i Social Cohesion Days, un festival che promuove il dibattito tra politici, ricercatori, Organizzazioni e società civile e una riflessione condivisa su quali siano le politiche, gli indirizzi e le necessità della società contemporanea. Quest’anno, non senza una punta di ironia, si è scelto di dedicare questa tre giorni di dibattiti, lezioni e spettacoli a “Le Politiche della Felicità”, per ricordare che il benessere della società è qualcosa che va costruito con lungimiranza e attenzione a tutte le parti sociali. E che una società felice è, in prima istanza, una società coesa.

Giovedì 26 maggio

“La politica della felicità”, non a caso, è anche il dibattito di apertura del festival. Economisti, politologi e studiosi di scienze sociali indagano su cosa serva per avere una vita appagante: non siamo noi, dunque, gli artefici della nostra felicità? Se ci impegniamo con tutte le nostre forze non potremo raggiungerla? Ma la felicità sembrerebbe avere più un carattere sociale che psicologico. Le società con un forte welfare, infatti, registrano livelli alti di soddisfazione: più alto lo stato sociale più alta la soddisfazione. Insomma dalle politiche più umane deriva una maggiore possibilità di godersi la vita. Non bisogna quindi concentrarsi solo sulla crescita economica, ma dare spazio anche e soprattutto ai beni sociali. Come le politiche sociali concorrano a creare relazioni in grado di garantire benessere alla società, permettendo ai cittadini un progetto di vita dignitoso e responsabile parla il politologo statunitense Benjamin Radcliff, una delle voci più autorevoli nel campo dell’Economia della felicità, assieme allo studioso Alexander Pacek, la cui ricerca si focalizza sul rapporto tra life-satisfaction e politica. A moderare l’incontro il giornalista Ferruccio de Bortoli (10.15, Teatro Cavallerizza).

La giornata prosegue all’insegna dei dati: la seconda edizione dei Social Cohesion Days lancia le attività dell’Osservatorio internazionale sulla Coesione e Inclusione Sociale (OCIS), in grado di monitorare e interpretare questa complessa realtà anche attraverso i numeri. Annachiara Cerri del Consiglio d’Europa, insieme a Paolo Roberto Graziano dell’Università di Padova spiegano come “Misurare la coesione sociale: Regioni italiane a confronto” (11.30, Teatro Cavallerizza).

Alle 12.30 la parola passa a Giuliano Poletti, Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, che viene intervistato da Ferruccio De Bortoli.

L’indennità di accompagnamento (IDA) rappresenta una dei più importanti risultati ottenuti nel campo della disabilità grave e non autosufficienza in Italia in quasi un quarantennio. Le risorse investite in questo programma non sono assolutamente trascurabili e superano in maniera consistente i 10 miliardi di euro. Oggi occorre aprire una riflessione congiunta per migliorare l’efficienza del sistema garantendo una maggiore integrazione tra questo strumento e la rete dei servizi. Se ne parla nel corso dell’incontro “L’indennità di accompagnamento 35 anni dopo: i motivi di una riforma” in cui interviene anche Luca Vecchi, Sindaco Città Reggio Emilia e Responsabile della delega “Welfare e Politiche Sociali” ANCI (15.30, Musei Civici, Portico dei Marmi).

Il 28.3% degli individui e il 32.1% dei minori sotto i 18 sono a rischio di povertà ed esclusione sociale: cifre che collocano l’Italia all’ottavo e al settimo posto tra i paesi dell’UE28 con più elevata incidenza della povertà. Per fare fronte a questa situazione, a livello sub-nazionale l’ultimo decennio ha visto alcune regioni varare schemi sperimentali di Reddito Minimo per fronteggiare l’emergenza e tassi di deprivazione materiale che variano tra il 26% della Sicilia e il 2.8% nella Provincia di Trento. Ma come funzionano gli schemi di Reddito Minimo introdotti nelle regioni italiane? Chi ne beneficia e quali effetti producono? Come si può evitare che i beneficiari rimangano “intrappolati” nella condizione di povertà? L’incontro “Il reddito minimo: una scelta di civiltà” tenta di rispondere a queste domande (17.30, Teatro Cavallerizza); modera Luca Mattiucci, della sezione Sociale del Corriere della Sera, media partner del festival.

Venerdì 27 maggio

L’intera giornata di venerdì è dedicata ai giovani e ai giovanissimi, partendo dall’infanzia e dai servizi educativi. Si comincia con una riflessione sul futuro dei servizi educativi per la prima infanzia, che non può prescindere dal confrontarsi con le sfide legate alla promozione dell’innovazione e della qualità educativa. Al centro del dibattito “Coltivare il futuro: sfide per l’innovazione e la qualità educativa oggi” c’è una domanda: dopo oltre quarant’anni dalla legge 1044 del 1971 che istituiva gli asili nido intesi come “un servizio sociale di interesse pubblico”, quali  ingredienti possono oggi essere considerati essenziali per promuovere la qualità dei servizi educativi per i bambini e le bambine da zero a sei anni? (10.00, Teatro Cavallerizza).

Strettamente legato a questo tema c’è quello, delicatissimo, della conciliazione tra tempi di lavoro e famiglia, ovvero come “dividersi per moltiplicarsi”. La disponibilità di posti negli asili e nelle materne, l’accessibilità in termini di costi, l’organizzazione oraria e la qualità sono tuttavia aspetti essenziali dei servizi che variano significativamente da paese a paese, incidendo sulla loro efficacia nel rispondere alle esigenze di conciliazione tra lavoro e famiglia. Concentrando l’attenzione sui servizi educativi per le bambine e i bambini fra zero e sei anni, l’Italia rimanda un’immagine per certi versi poco incoraggiante; se ne parla nel corso dell’incontro “Scuola a misura di genitore: conciliare vita, lavoro e famiglia” (11.30, Teatro Cavallerizza).

Occuparsi di mass media, e in particolare di televisione e di Internet, è oggi la cosa più importante per chi ha un ruolo educativo e la via più diretta per chi cerca la spiegazione dei profondi cambiamenti che hanno preso forma negli ultimi anni nella nostra società. Di fronte alla sempre più stretta connessione e interdipendenza tra vita quotidiana e uso dei media, diventano fondamentali la riflessione e l’azione in campo educativo che abbiano come fine l’innalzamento del livello di consapevolezza delle generazioni più giovani. Le diverse testimonianze che dialogano nel dibattito “A cosa serve l’educazione ai media?” permetteranno al pubblico di comprendere l’importanza strategica dell’educazione ai media per un futuro di convivenza sociale democratica e sostenibile (15.30, Teatro Cavallerizza).

E’ il giornalista Gad Lerner a moderare l’incontro “Seconde generazioni a chi? Politiche di cittadinanza, integrazione e partecipazione giovanile”. I dati e le ricerche mostrano come il sentimento di esclusione e discriminazione sia diffuso tra i giovani di seconda generazione residenti nei paesi dell’Unione Europea. Con tale etichetta, peraltro spesso  mal supportata dai diretti interessati, si intende fare riferimento ai giovani nati nel paese nel quale i propri genitori sono emigrati. Sono dunque persone che non hanno di fatto sperimentato la migrazione e per i quali il paese in cui vivono è in tutto e per tutto il loro paese. I sentimenti di esclusione sono presenti anche laddove questi giovani sono a tutti gli effetti cittadini, come in Francia, Belgio e Olanda, rendendo evidente che la concessione formale della cittadinanza non è in sé una garanzia sufficiente di integrazione, pur essendo certamente uno tra i requisiti più importanti. Le questioni principali che vengono discusse in questo incontro riguardano l’integrazione scolastica dei giovani di seconda generazione, con particolare riguardo al rapporto scuola/famiglia, all’ abbandono scolastico e alla marcata concentrazione di giovani stranieri nelle scuole professionali (17.30, Teatro Cavallerizza).

Sabato 28 maggio

I Social Cohesion Days sono anche una vetrina di storie: ne sono state raccolte decine, dal Nord al Sud Italia, dalla grande realtà cooperativa alla piccola associazione di volontari, da chi guarda alla tradizioni e chi investe sull’innovazione. “La coesione attraverso le storie: le buone prassi si raccontano” non è solo una carrellata di racconti, ma si parte da questi per trovare i nessi, le connessioni, il tessuto complesso della coesione sociale italiana (10.00 Musei Civici, Portico dei Marmi).

Qualcuno la chiama “pornografia del dolore”, e la definisce uno sfruttamento dei drammi altrui per ottenere denaro. Qualcun altro, invece, pensa che mettere lo spettatore di fronte a immagini forti serva per spingerlo a reagire a un’ingiustizia. Il dibattito va avanti da anni e, nel mondo della cooperazione e comunicazione sociale, con particolare intensità. Lo riprende il videomaker Stefano Bellumat per capire a che punto siamo, nell’incontro “Comunicare il sociale oltre la pornografia del dolore” (12.30, Teatro Cavallerizza).

Il pomeriggio del festival prosegue sul tema dell’immigrazione: la crisi dei rifugiati è un fenomeno globale e purtroppo in continua crescita a causa delle guerre - in particolare il caso della Siria - ma anche delle forti disuguaglianze economiche e dei disastri ambientali causati dai cambiamenti climatici. L’Unione Europea fin dal Trattato di Amsterdam entrato in vigore nel 1999 ha sottoscritto un accordo per adottare un sistema di asilo comune. La coesione tra gli Stati, tuttavia, si è dimostrata modesta di fronte al costante flusso dei migranti forzati in particolare a partire dallo scorso anno, durante il quale più di 320.000 profughi e migranti sono arrivati in Europa attraverso la rotta del Mediterraneo. È Riccardo Iacona a moderare il dibattito “La governance dell’accoglienza, oltre la “crisi umanitaria” (16.00, Teatro Cavallerizza).

Chiudono la seconda edizione dei Social Cohesion Days due ospiti d’eccezione, Romano Prodi, fondatore e presidente della Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli, e Francois Bourguignon, ex capo economista della Banca Mondiale, che – moderati da Riccardo Iacona – ripercorrono le cause delle crescenti  disuguaglianze nel mondo, il legame con il progresso tecnologico e la globalizzazione e le strategie in grado di ridurre il fenomeno. “Disuguaglianza, democrazia e coesione sociale” è il titolo di questo confronto che parte dal presupposto che la crescita delle diseguaglianze e della povertà mette a rischio la democrazia. La democrazia, inclusiva e partecipativa, presuppone sempre un'economia e un mercato che non escludono e che siano equi (18.00, Teatro Cavallerizza).

La coesione e le sue “contaminazioni culturali”: spettacoli, concerti, libri, documentari

Numerosi eventi, tutti gratuiti, affiancano i dibattiti dei Social Cohesion Days e parlano della coesione sociale per immagini, musica e narrazioni: dallo spettacolo teatrale “Potevo essere io” di Renata Ciaravino, interpretato da Arianna Scommegna, astro nascente del teatro italiano, al concerto del violinista siriano Alaa Arsheed, fino all’ultimo libro di Alessandro Leogrande. Chiude il festival l’anteprima nazionale del documentario “Lampedusa in Winter” di Jakob Brossmann

Un programma artistico eclettico arricchisce il cuore dei dibattiti del Festival Internazionale della Coesione Sociale. Dal 26 al 28 maggio Reggio Emilia declina il tema della coesione sociale attraverso le varie forme dell’espressione artistica e culturale, individuale e collettiva. Un viaggio ricco e sorprendente che mette in mostra, in musica e in scena i diversi volti di una realtà complessa.

Si comincia giovedì 26 maggio alle 21 (Teatro Cavallerizza) con lo spettacolo teatrale “Potevo essere io” di Renata Ciaravino, interpretato da Arianna Scommegna. E’ il racconto di una bambina e di un bambino che tra gli anni ’70 e gli ’80 diventano grandi partendo dallo stesso cortile alla periferia nord di Milano. Bambini che giocavano in cortile a lanciarsi palloncini con dentro le lamette, i genitori “terroni”, le mamme che facevano le pulizie negli ospedali. Le ragazze che al parco si sputavano in faccia dopo essersi tirate i capelli in una piscina comunale. I ragazzi che facevano la tangenziale contromano per scommessa. Quei bambini e ragazzi poi sono cresciuti: ognuno a procedere alla cieca cercando di salvarsi. Ma cosa ci fa salvare? E se uno si salva, veramente si è salvato? Cosa ci fa andare da una parte o dall’altra? Quante volte abbiamo detto: “potevo essere io, e invece, poi, no”? Lo spettacolo è un monologo tragicomico di grande impatto emotivo, con una protagonista che, come un vero ciclone, rapisce il pubblico con la sua energia e non lo lascia mai solo.

C’è una linea immaginaria eppure realissima, un luogo di tutti e di nessuno di cui ognuno, invisibilmente, è parte: è la frontiera che separa e insieme unisce il Nord del mondo, democratico, liberale e civilizzato, e il Sud, povero, morso dalla guerra, arretrato e antidemocratico. Alessandro Leogrande venerdì 27 maggio alle 20 presenta il suo libro “La frontiera”, edito da Feltrinelli (Chiostro del Marmi, Musei Civici): porta il pubblico a bordo delle navi dell’operazione Mare Nostrum e pesca le parole dai fondali marini in cui stanno incastrate e nascoste. Lo porta a conoscere trafficanti e baby-scafisti, insieme alle storie dei sopravvissuti ai naufragi del Mediterraneo al largo di Lampedusa; ricostruisce la storia degli eritrei, popolo tra i popoli forzati alla migrazione da una feroce dittatura, causata anche dal colonialismo italiano; racconta l’altra frontiera, quella greca, quella di Alba Dorata e di Patrasso, e poi l’altra ancora, quella dei Balcani; introduce in una Libia esplosa e devastata, fa entrare dentro i Cie italiani e i loro soprusi, nella violenza della periferia romana e in quella nascosta nelle nostre anime.

La serata prosegue con un dialogo e un concerto: a prendere la “parola” è un musicista in fuga dalla sua patria, la Siria. Alaa Arsheed ha 30 anni, un violino e il passaporto di un Paese che non c’è più. Si esibisce alle 21.30 al Teatro Cavallerizza con la Adovabadan jazz band in un concerto dove le roventi ritmiche dello swing anni venti incontrano le arabesche melodie del Medio Oriente, a prova che l’arte e la musica danzano sopra i confini. Alaa Arsheed quando ha lasciato la Siria, pochi mesi dopo l’inizio della titanica quanto disperata rivolta contro Assad, sognava di tornare presto a casa per ricominciare a suonare e dar lezioni di musica ai bambini; adesso si sente come Orfeo che per sottrarre agli inferi il suo passato non deve mai voltarsi indietro. La storia di Alaa è quella di una generazione di siriani che quattro anni fa ebbe l’ardire d’immaginarsi rivoluzionaria: giovani colti, liberal, borghesi, sufficientemente audaci da sfidare il silenzio dei genitori terrorizzati dal regime ma non abbastanza per sopravvivere al tiro incrociato di Damasco e della follia islamista. Oggi è un fantasma apolide, epigono di un ex paese sepolto sotto una guerra da almeno 250 mila vittime e oltre 5 milioni di profughi.

Il festival si chiude sabato 28 maggio alle 21 con una proiezione in anteprima nazionale del documentario “Lampedusa in winter” di Jakob Brossmann. È inverno. Lampedusa, «l’isola dei rifugiati», ha un’aria desolata. I turisti se ne sono andati e gli immigrati ancora rimasti lottano per essere trasferiti sul continente. Dato che il vecchio traghetto che collegava l’isola con la terraferma è bruciato, il sindaco Giusi Nicolini e i pescatori stanno cercando un’altra imbarcazione. Il trasporto dei rifugiati avviene infine per via aerea, mentre i pescatori occupano il porto in segno di protesta. Ora Lampedusa è isolata. Le scorte di cibo si stanno esaurendo e i manifestanti cominciano a litigare tra loro. Una piccola comunità ai confini d’Europa e la sua strenua lotta per la solidarietà con i rifugiati africani. Un film a basso costo (113mila euro), indipendente, realizzato da un team di 6 persone, regista compreso. Due inverni vissuti a Lampedusa per documentare, in punta di piedi e con grande sensibilità, come vivono gli abitanti dell'isola più citata ma meno raccontata da stampa e tv italiana ed europea.

Nasce l’Osservatorio internazionale per la Coesione e l’Inclusione Sociale (OCIS): dai numeri alle proposte concrete

In Italia 1 milione e 470mila famiglie sono indigenti. Tra il 2012 e il 2014 l'incidenza di povertà assoluta è aumentata di circa 2 punti percentuali e la spesa per la protezione sociale dei gruppi di popolazione deboli è di circa 10 punti inferiore a quelle di Francia e Germania e alla media Ue (dati Istat 2016). In questo scenario sconfortante i Social Cohesion Days tengono a battesimo uno strumento innovativo, un laboratorio di idee per il rafforzamento della coesione sociale in Italia e all’estero

Quattro milioni e 102mila persone residenti in Italia, pari al 6,8% dell'intera popolazione del Paese, vivono in condizioni di povertà assoluta (un milione e 470mila famiglie) secondo i dati del "Rapporto sulla povertà in Italia", presentati dall'Istat nel marzo scorso. Sempre secondo l’Istat gli over 65 in Italia (al 1° gennaio 2015) sono il 21,7 % della popolazione, con un indice di vecchiaia in costante aumento e pari al 157,7: questo equivale a dire che ci sono 157,7 anziani ogni 100 minori con un’età compresa fra gli 0 e i 14 anni.

Un paese sempre più povero e vecchio, dunque, dove i minori sono in calo e non se la passano bene: l’Italia risulta agli ultimi posti della classifica dei paesi OCSE in tutti gli indicatori di benessere dell’infanzia; è tra i paesi con il tasso di povertà infantile più elevato: il 17% della popolazione minorile, pari a 1.750.000 minori, vive sotto la soglia di povertà (dati rapporto Unicef 2013).

Gli stranieri residenti in Italia sono 5.014.437 e rappresentano l'8,2% della popolazione residente (dati Istat 2015); sono 153.842 gli stranieri soccorsi o sbarcati sulle nostre coste alla data del 31 dicembre 2015 (fonte Ministero dell’Interno), il 9% in meno rispetto al 2014, con 170.100 persone sbarcate.

In questo quadro complesso nasce l’Osservatorio internazionale per la Coesione e l’ Inclusione Sociale (OCIS) che viene presentato giovedì 26 maggio alle 11.30 al Teatro Cavallerizza, nel corso dell’incontro “La realtà attraverso i dati”, introdotto da Annachiara Cerri del Consiglio d’Europa, durante il quale il ricercatore Paolo Roberto Graziano dell’Università degli Studi di Padova presenterà gli scopi e le modalità di lavoro dell’OCIS. L’obiettivo è quello di fornire utili strumenti di conoscenza circa la genesi, lo sviluppo e il consolidamento della coesione sociale nelle comunità politiche e sociali contemporanee.

Attraverso la produzione e la diffusione di articoli scientifici e rapporti divulgativi, l’OCIS vuole diventare un punto di riferimento per il dibattito nazionale e internazionale sul tema della coesione sociale da intendersi come insieme di legami caratterizzati da un alto grado di fiducia tra le persone presenti all’interno di una data comunità. Partendo dal presupposto che la coesione sociale è anche il prodotto di politiche pubbliche inclusive e volte alla promozione del bene comune, l’Osservatorio si propone l’obiettivo di essere un laboratorio di idee e proposte per il rafforzamento della coesione sociale in Italia e all’estero. L’Osservatorio, oltre a curare una rubrica nella rivista AltrEconomia, si avvale della collaborazione di esperti provenienti da varie discipline per la realizzazione di iniziative scientifiche e divulgative volte alla diffusione della consapevolezza che la coesione sociale costituisce un elemento imprescindibile per la diffusione di “benessere” sociale.

Patrocini, sponsor e partner dei Social Cohesion Days

La manifestazione si svolge con il patrocinio di importanti istituzioni, è sostenuta da numerosi sponsor e da una vasta rete di imprese

Alto Patrocinio:
UNESCO
Consiglio d’Europa
Parlamento Europeo
Rappresentanza italiana della Commissione Europea
Presidenza del Consiglio dei Ministri
Ministero degli Affari Esteri
Regione Emilia Romagna
Unicef
Fondazione Cariplo

Main Sponsor:
Gruppo ITAS

Official Sponsor:
SCA Group
Stop&go

Technical Sponsors:
Toschi Arredamenti
Pasticceria Poli
Istituto Motti

Partner:
AltrEconomia
Coopselios
Camelot
Cultura e Solidarietà
Koinetica
Impact Hub
Legacoop Emilia Ovest
Spazio Comune 
Torelli Tours
Gruppo TBS 
Elastica
Pomodoro
Piazza Grande
Indaco Lab
Prontoserenità

 

Sponsor:
Conad
Til spa
Eurosei Reggiani spa
Formesa spa

Media Partner:
Corriere sociale

POVERTÀ

Un milione e 470mila famiglie residenti in Italia vivono in condizioni di povertà assoluta, si tratta di 4 milioni e 102mila persone pari al 6,8% dell'intera popolazione del Paese. Sono i dati del Rapporto sulla povertà in Italia presentati nel marzo 2016 dall'Istat.

Nel mezzogiorno 1,9 milioni di poveri

Nel Mezzogiorno si stimano in condizione di povertà circa 704mila famiglie (l'8,6% del totale), pari a 1,9 milioni di individui poveri (il 45,5% del totale dei poveri assoluti).

Il 16,4% dei poveri nelle famiglie con tre figli

Livelli elevati di povertà assoluta sono stati osservati dall'Istat "anche per le famiglie con cinque o più componenti (16,4%), soprattutto se coppie con tre o più figli (16%), e per le famiglie con membri aggregati (11,5%); l'incidenza sale al 18,6% se in famiglia ci sono almeno tre figli minori e scende nelle famiglie di e con anziani (4% tra le famiglie con almeno due anziani)".

Povertà in aumento dal 2012

Un deterioramento della situazione, generalizzato a tutte le ripartizioni, è emerso nel 2012 e nel 2013 quando l'incidenza di povertà assoluta mostra un aumento di circa 2 punti percentuali a livello familiare (dal 3,4% al 4,4% nel Nord, dal 3,6% al 4,9% nel Centro, dal 5,1% al 10,1% nel Mezzogiorno). “Nel 2014, la crescita della povertà assoluta si è invece fermata", ha aggiunto l'Istat.

Nel 2014 oltre 50mila persone senza dimora

Si stimano in 50mila 724 le persone senza dimora che, nei mesi di novembre e dicembre 2014, hanno utilizzato almeno un servizio di mensa o accoglienza notturna. Oltre metà delle persone senza dimora vive nel Nord (circa il 56%). Rispetto al 2011 l'Istat poi osserva una diminuzione della quota di persone senza dimora nel Nord-est (dal 19,7% al 18%), cui si contrappone l'aumento nel Sud (dall'8,7% all'11,1%). Rispetto al 2011, vengono confermate anche le principali caratteristiche delle persone senza dimora: si tratta per lo più di uomini (85,7%), stranieri (58,2%), con meno di 54 anni (75,8%), con basso titolo di studio.

Per il contrasto alla povertà l'Italia spende meno della media Ue

In Italia si spende meno che nel resto d'Europa per la protezione sociale dei gruppi di popolazione deboli (persone con disabilità, famiglie e infanzia, esclusione sociale, abitazione). La quota di spesa pubblica ad essi destinata sul totale della spesa sociale (10,4%) è di circa 10 punti inferiore a quelle di Francia e Germania e alla media Ue a 28. I dati del 2013 segnalano che solo una percentuale assai residuale della spesa per la protezione sociale, lo 0,7%, è impegnata specificamente per politiche di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale. Si tratta di un valore che è inferiore di oltre la metà rispetto alla quota riferibile alla media Ue a 28 (pari all'1,9%).

ANZIANI

Gli over 65 in Italia al 1° gennaio 2015 - secondo dati ISTAT 2015 - sono il 21,7 % della popolazione con un indice di vecchiaia, sempre in costante aumento e pari al 157,7 (che equivale a dire che ci sono 157,7 anziani ogni 100 minori con un’età compresa fra gli 0 e i 14 anni).

La stima ISTAT al 1° gennaio 2016 è di 13.400.000 persone over 65 anni, pari al 22% della popolazione. L’invecchiamento della popolazione e i mutamenti socio-demografici hanno ampliato l’incidenza delle famiglie unipersonali che rappresentano il 3,2 per cento del totale (24,9 per cento nel 2001).

La Liguria è la regione più anziana con il 28% di over 65 sul totale della popolazione; mentre la Campania la più giovane, con il 17,6%. In Emilia Romagna la percentuale si attesta sopra la media nazionale al 23.4%.

La piramide dell’età denota una base sempre più ristretta e un vertice sempre più ampio, evidenziando come sia in aumento in Italia anche il numero dei grandi anziani (di coloro cioè che hanno più di 85 anni).

Le persone con limitazioni funzionali, invalidità o cronicità gravi, secondo dati ISTAT 2015, nel 2013 risultavano essere circa 13 milioni di persone (con un’età dai 15 anni in su). Fra queste prevalgono le donne (54,7%) e le persone anziane (61,1%). La quota di persone con gravi limitazioni è più alta tra le anziane (37,8%) rispetto a quella registrata tra gli uomini anziani (22,7%).

I presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari, secondo dati ISTAT 2015, attivi al 31 dicembre 2013 sono 12.261 e dispongono complessivamente di 384.450 posti letto (6 ogni 1.000 persone residenti). L'offerta è costituita prevalentemente da "unità di servizio" che integrano l'assistenza di tipo sociale e quella di natura sanitaria con oltre due terzi dei posti letto complessivi (74%); l’utenza cui si rivolgono è costituita perlopiù da anziani non autosufficienti. Forti gli squilibri territoriali: l'offerta raggiunge i più alti livelli nelle regioni del Nord, dove si concentra il 66% dei posti letto complessivi (9 ogni 1.000 residenti) e tocca i valori minimi nel Sud con il 10% dei posti letto (soltanto 3 posti letto ogni 1.000 residenti). Le regioni del Nord dispongono anche della quota più alta di posti letto a carattere socio-sanitario, con 7 posti letto ogni 1.000 residenti, contro un valore di 2 posti letto nelle regioni del Sud. Nei presidi socio-assistenziali e socio-sanitari sono assistite 367.485 persone: quasi 280 mila (76%) hanno almeno 65 anni.

INFANZIA ED EDUCAZIONE

I bambini in età prescolare (0 – 6 anni) in Italia al 1° gennaio 2015 sono 3.800.492, pari al 6,25% della popolazione.

Benessere infantile: secondo il rapporto UNICEF Report Card 11. Il benessere dei bambini nei Paesi ricchi. Un quadro comparativo (2013), l’Italia risulta agli ultimi posti della classifica dei paesi OCSE in tutti gli indicatori di benessere dell’infanzia; è tra i paesi con il tasso di povertà infantile più elevato: il 17% della popolazione minorile, pari a 1.750.000 minori, vive sotto la soglia di povertà. In particolare, l'Italia compare al 23° posto (su 29) nell'area OCSE per quanto riguarda il benessere materiale, al 17° per salute e sicurezza dei bambini, al 25° per l'istruzione e al 21° per le condizioni abitative e ambientali.

La famiglia: contesti di esclusione sociale. Nell’ambito dell’esclusione sociale, due indicatori rilevanti sono la percentuale di famiglie o individui in condizione di povertà e l’intensità della povertà

(ossia la misurazione di quanto poveri sono i poveri). La povertà è fortemente associata al territorio, alla struttura familiare (in particolare alla numerosità dei componenti e alla loro età), a livelli di istruzione e profili professionali poco elevati, oltre che all’esclusione dal mercato del lavoro. Nel 2013 il 12,6 per cento delle famiglie è relativamente povero (sono in totale 3 milioni 230 mila); le persone in povertà relativa sono poco più di 10 milioni, corrispondenti al 16,6 per cento della popolazione. La povertà assoluta coinvolge il 7,9 per cento delle famiglie, per un totale di circa 6 milioni di individui. L’intensità del fenomeno è pari al 21,4 per cento per la povertà relativa e al 18,0 per cento per la povertà assoluta. Il panorama regionale mette in evidenza il forte svantaggio dell’Italia meridionale e insulare, con una percentuale di famiglie povere pari a circa il doppio rispetto alla media nazionale. Nel Mezzogiorno, le famiglie in povertà relativa sono il 26,0 per cento di quelle residenti (contro il 7,5 del Centro e il 6,0 del Nord) e quelle in povertà assoluta ne rappresentano il 12,6 per cento (contro rispettivamente il 6,0 e il 5,5 per cento). Le situazioni più gravi si osservano tra le famiglie residenti in Calabria (32,4 per cento), Sicilia (32,5 per cento), dove un terzo delle famiglie è relativamente povero. All’opposto, nel resto del Paese si registrano incidenze di povertà relativa decisamente più contenute: la provincia autonoma di Bolzano si conferma per l’incidenza più bassa (3,7 per cento, con una dinamica in diminuzione rispetto al 2012), seguita da Emilia-Romagna ( (4,5 per cento), Toscana (4,8 per cento) e provincia autonoma di Trento (4,9 per cento).

La quota di bambini che fruiscono dei servizi per la prima infanzia (ISTAT 2014) è un indicatore utile per misurare l'attuazione delle politiche volte alla conciliazione degli impegni casa-lavoro. I provvedimenti normativi degli ultimi anni sono stati finalizzati all'ampliamento dell'offerta esistente su tutto il territorio nazionale. A questo e ad altri tipi di servizi è stato attribuito un ruolo chiave all'interno della politica regionale unitaria, elaborata e descritta nel Quadro strategico nazionale 2007- 2013 (Qsn); l'obiettivo definito è quello di favorire la partecipazione femminile al mercato del lavoro nelle regioni del Mezzogiorno, elevando la percentuale di bambini fruitori di servizi per l'infanzia dal 4,4 per cento del 2004 (baseline di riferimento) al 12 per cento, valore da raggiungere alla fine del periodo di programmazione (2013). Nell'area del Mezzogiorno la percentuale di bambini in età 0-2 anni che fruiscono di servizi per la prima infanzia comunali o finanziati dai comuni è passata dal 4,4 per cento del 2004 al 5,0 per cento del 2012 (anno scolastico 2012/2013), mentre la media a livello nazionale è passata dall'11,4 per cento al 13,5 per cento nello stesso periodo. A livello regionale il quadro relativo all'offerta pubblica di servizi per l'infanzia è ancora molto disomogeneo: nell’anno scolastico 2012/2013 la percentuale di bambini che fruiscono dei servizi per l'infanzia è superiore al 20 per cento Emilia-Romagna, nella provincia autonoma di Trento, in Friuli-Venezia Giulia e in Toscana, mentre non raggiunge il 3 per cento in Calabria (2,1 per cento) e in Campania (2,7 per cento). Il divario tra i territori è ben sintetizzato dal confronto tra i valori assunti dall'indicatore al Centro-Nord (17,9 per cento) e nel Mezzogiorno (5,0 per cento). A livello nazionale la quota di domanda soddisfatta è ancora molto limitata rispetto al potenziale bacino di utenza. Per quanto riguarda il servizio di asilo nido, tra l’anno scolastico 2004/2005 e il 2012/2013 gli utenti dell'offerta pubblica passano dal 9,0 per cento al 12,3 per cento dei bambini residenti di 0-2 anni; per i servizi integrativi/innovativi per l’infanzia si passa dal 2,4 del 2004/2005 all’1,2 per cento del 2012/2013.

La famiglia: lavoro e conciliazione tempi di vita. Secondo il rapporto BES 2015 (ISTAT), la correlazione tra il tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età prescolare e il tasso di quelle senza figli è molto basso benchè in miglioramento di 2,1 punti nell’ultimo anno. Nel 2014, su 100 occupate senza figli le madri lavoratrici con bambini piccoli sono solamente 77. Al crescere del livello d’istruzione le differenze nella partecipazione al mercato del lavoro tra le donne con o senza figli tendono a ridursi: il rapporto tra i due tassi varia, infatti, dal 56,8% per le donne con al massimo la licenza media al 94,5% per le laureate. Si conferma per le donne straniere la maggiore difficoltà a conciliare il lavoro e la cura dei figli in quanto possono fare meno affidamento sul supporto delle reti di parentela. Difatti, il rapporto tra il tasso di occupazione delle madri con figli piccoli e quello delle donne senza figli è solo il 51,3% (contro l’82% per le italiane). Malgrado i segnali favorevoli della congiuntura economica, la qualità del lavoro continua a peggiorare soprattutto in termini di lavoro non adeguato al titolo di studio e di part time involontario.

La ripresa dell’occupazione del 2014 non ha interessato tutti allo stesso modo, ha invece acuito alcuni divari ormai consolidati nel mercato del lavoro italiano, in particolare quello territoriale e intergenerazionale. Il Sud e le Isole si allontanano ancora di più dal resto del Paese: nel 2014 l’aumento del tasso di occupazione riguarda soltanto le aree centro-settentrionali, con la differenza tra il Nord e il Mezzogiorno che arriva a 23,6 punti. Il divario di genere, diventa ancora più forte nel Mezzogiorno, dove lavora meno di un terzo delle donne tra i 20 e i 64 anni (contro il 58,1% degli uomini).

IMMIGRAZIONE

Gli stranieri residenti in Italia al 1° gennaio 2015, secondo dati ISTAT 2015, sono 5.014.437 e rappresentano l'8,2% della popolazione residente. La comunità straniera più numerosa è quella proveniente dalla Romania con il 22,6% di tutti gli stranieri presenti sul territorio, seguita dall'Albania (9,8%) e dal Marocco (9,0%).

L’Emilia Romagna è la regione con la più alta percentuale di popolazione straniera (12,06%) mentre la Sardegna quella con la più bassa (2,71%).

La stima ISTAT al 1° gennaio 2016 è di 5.054.000 cittadini stranieri (l’8,3% della popolazione residente).

Al 31 dicembre 2014, secondo UNHCR, i rifugiati in Italia erano 140.277 (di cui 93.715 riconosciuti nel corso del 2014).

Secondo i dati di Eurostat, nel 2015 sono state 1.255.600 le richieste d'asilo presentate nei 28 stati membri della Ue. Un record assoluto, che supera di oltre il doppio il livello di richieste presentate nel 2014 (562.680). In Italia le domande sono state 83.245 (+31% rispetto alle 63.655 del 2014), più che in Francia (70.570, +20% rispetto alle 58.845 dell'anno precedente). Per quanto riguarda le nazionalità dei richiedenti asilo, in Italia la quota maggiore è stata di nigeriani (21%, 17.780), pakistani (12%, 10.285) e gambiani (10%, 8.015). Fra le 66.000 richieste esaminate (comprendenti anche richieste precedenti al 2015) il 42% ha avuto una qualche forma di protezione: il 5% ha ottenuto lo status di rifugiato, il 15% la protezione sussidiaria, il 22% la protezione umanitaria.

Alla fine del 2015, erano 922.800 domande di protezione internazionale negli Stati membri dell'Unione europea ancora pendenti, in fase di esame. Alla fine del 2014, erano 489.300. La Germania - con 424.800 domande ancora da esaminare alla fine del 2015 (e il 46% del totale UE) - ha avuto il numero maggiore di domande pendenti nell'Unione europea, davanti a Svezia (156 700, o 17%) e l'Italia (60 200, o 7%).

Sono 153.842 gli stranieri soccorsi o sbarcati sulle nostre coste alla data del 31 dicembre 2015 (fonte Ministero dell’Interno), il 9% in meno rispetto al 2014, con 170.100 persone sbarcate. Dalla Libia sono partiti 138.422 migranti, dall’Egitto (con 11.142 migranti), dalla Turchia (2.471), dalla Grecia (940) e dalla Tunisia (549). Oltre sedicimila i minori giunti nel nostro paese. La Sicilia è la regione che ha affrontato ancora il maggiore impatto, con 104.709 persone accolte, seguita da Calabria (29.437), Puglia (11.190), Sardegna (5.451), Campania (2.556) e Liguria (499).

Dal 1° gennaio 2016, sono arrivate via mare nel 2016 sulle coste italiane (fonte UNHCR – 27 marzo 2016): 14.492 (153.852 nel 2015), di cui: 114 in Sardegna, 452 in Puglia e 8.534 in Sicilia; di cui: 15% bambini, 9% donne e 76 % uomini.

Via terra (dal 1° gennaio al 4 marzo 2016, secondo il Ministero dell’interno) sono 1.654 le persone giunte in Italia.

Le domande di asilo presentate dal 1° gennaio al 4 marzo 2016 sono state 16.080 (fonte Ministero dell’Interno).

L’Atlante SPRAR 2014 racconta come il sistema di accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati SPRAR si stia espandendo: da quasi 10.000 posti nel 2013 (con il coinvolgimento di 128 enti locali coinvolti) a 20.752 posti nel 2014 (con 381 enti locali). Dei posti accoglienza del 2014, 943 erano per minori non accompagnati e 295 per persone con disagio mentale o disabilità. Il totale di persone accolte è stato di 22.961. Le regioni con una maggior incidenza in termini di accoglienza sono il Lazio (con il 22,6% sul totale nazionale) e la Sicilia (con il 19,7%); quelle con minor incidenza sono il Trentino Alto Adige (0,9%) e la Sardegna (0,5%); l’Emilia Romagna ha una percentuale del 4,4.

L’integrazione sociale e scolastica delle seconde generazioni è il tema centrale di un’indagine condotta dall’ISTAT nel corso del 2015, da cui emerge che è nato in Italia il 30,4% degli studenti stranieri delle scuole secondarie di primo e secondo; il 23,5% è arrivato prima dei 6 anni, il 26,2% è entrato in Italia tra i 6 e i 10 anni e il 19,9% è arrivato a 11 anni e più. Il 27,3% degli studenti stranieri dichiara di aver dovuto ripetere uno o più anni scolastici. Sono soprattutto i nati all'estero ad avere esperienza di ripetenze (31%), mentre per i nati in Italia la quota di ripetenti è più vicina a quella degli italiani (rispettivamente 18,7% e 14,3%). Gli alunni stranieri delle scuole secondarie di primo grado hanno mediamente mezzo punto in meno degli italiani nei voti di Italiano e Matematica. Il 21,6% dei ragazzi stranieri delle scuole secondarie di primo grado non frequenta i compagni di scuola al di fuori dell'orario scolastico, contro il 9,3% degli studenti italiani. Il 13,8% degli alunni stranieri dichiara di frequentare solamente compagni stranieri, connazionali o con cittadinanze diverse dalla propria. La quota di coloro che si sentono italiani sfiora il 38%; il 33% si sente straniero e poco più del 29% preferisce non rispondere. Tra i ragazzi arrivati dopo i 10 anni quasi il 53% si sente straniero, a fronte del 17% che dichiara di sentirsi italiano. La situazione si capovolge tra gli studenti stranieri nati in Italia: si considera straniero solo il 23,7% degli intervistati mentre il 47,5% si sente italiano.

L’integrazione degli stranieri e dei naturalizzati nel mercato del lavoro (secondo l’indagine ISTAT svolta nel 2° trimestre del 2014) Nel secondo trimestre 2014 gli stranieri rappresentano l'8,6% della popolazione residente di 15-74 anni, i naturalizzati italiani l'1,3%. La ricerca di un lavoro è il motivo della migrazione in Italia per il 57% degli stranieri nati all'estero e per un terzo dei naturalizzati. Dal 2008 al 2014 il tasso di occupazione degli stranieri ha subìto una contrazione di 6,3 punti, molto più accentuata rispetto a quella dei naturalizzati e degli italiani dalla nascita (-3,0 e -3,3 punti, rispettivamente). Al contempo, il tasso di disoccupazione degli stranieri è quasi raddoppiato rispetto a sei anni prima (+7,1 punti rispetto a +5,2 per gli italiani dalla nascita). Nel secondo trimestre 2014, il 59,5% degli stranieri ha trovato lavoro grazie al sostegno della rete informale di parenti, conoscenti e amici (38,1% i naturalizzati, 25% gli italiani). Il 29,9% degli occupati stranieri 15-74enni dichiara di svolgere un lavoro poco qualificato rispetto al titolo di studio conseguito e alle competenze professionali acquisite, percentuale che scende al 23,6% tra i naturalizzati e all'11,5% tra gli italiani. Più spesso degli uomini le donne percepiscono di svolgere un lavoro poco adatto al proprio titolo di studio e alle competenze maturate, soprattutto quando si tratta di straniere (sono stimate circa quattro occupate su dieci). Polacche, ucraine, filippine, peruviane, moldave e romene sono le più penalizzate. Non essere italiano dalla nascita rappresenta un ostacolo per trovare un lavoro, o un lavoro adeguato, per il 36,2% degli stranieri e il 22% dei naturalizzati. La scarsa conoscenza della lingua italiana (33,8%), il mancato riconoscimento del titolo di studio conseguito all'estero (22,3%) e i motivi socio- culturali (21,1%) sono i tre ostacoli maggiormente indicati dal campione intervistato.

Per l'insieme del territorio nazionale, il tasso di inattività della popolazione straniera resta inferiore a quello degli autoctoni di quasi otto punti percentuali, a fronte di un lieve incremento sia per gli stranieri sia per gli italiani (rispettivamente +0,3 e +0,2 punti). Con riguardo al genere, la distanza è più ampia per la componente maschile rispetto a quella femminile. Nel Mezzogiorno, tuttavia, il tasso di inattività delle donne straniere risulta decisamente inferiore a quello delle italiane (rispettivamente 45,8 e 61,8 per cento). La riduzione nei tassi di occupazione e la crescita di disoccupazione e inattività rafforzano la tendenza - avviatasi nel corso del 2009 - a una minore partecipazione al mercato del lavoro degli stranieri, avvicinando la situazione italiana a quella dei paesi con una più lunga storia di immigrazione (ISTAT 2014).

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    Data ultimo aggiornamento pagina 2016-05-26 10:05:24
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