Migrazioni
Mostra a cura della galleria Officina d’Arte&Tessuti
Dall'8 al 28 marzo 2016
Via Plinio il Giovane 6/8, Spoleto (PG)
Martedì 8 marzo alle ore 18.30 presso la galleria “Officina d’Arte&Tessuti”: apertura della mostra “MIGRAZIONI”.
Le opere esposte non rappresentano le immagini del fenomeno, non sono state eseguite appositamente in relazione al tema della mostra. Sono opere che gli artisti hanno prodotto in altre circostanze ed epoche. Sono archetipi presenti nell’inconscio, che trasmigrano nella coscienza di noi tutti ed in quella degli artisti e che rappresentano bene questa drammatica transumanza della nostra epoca. Sono sensazioni e soprattutto riflessioni espresse dall’arte, la quale coglie gli elementi drammatici e lirici degli avvenimenti, della mutazione nei tempi, dei valori e della storia. Un profilo che guarda e si interroga sul presente ed il futuro. L’arte è l’autentica “umanizzazione” del mondo.
Non è rappresentata la pietas, ma il valore storico dell’avvenimento, dove si gioca l’esistenza non solo degli esseri umani nei Paesi dei migranti, ma anche della cultura europea. Non per il timore che la migrazione possa determinare l’abbattimento dei nostri valori, ma per l’incapacità culturale europea di confrontarsi con altre culture e di far valere e mostrare la nostra storia. Elevare muri reali e psicologici sarebbe il segno della decadenza culturale e sociale dell’Europa. Nell’osservare le opere il significato simbolico delle immagini evidenzia il susseguirsi di sentimenti: il dramma, la speranza, il sogno, il mitico viaggio ed anche ciò che separa, l’attraversamento del mare e della terra.
Così “Partenza” di Stefano Di Stasio. Rappresentazione simbolica dell’essere umano che si avvia senza meta, attraverso il mare con una bandiera senza rappresentazione iconografica. La città sullo sfondo, che il viaggiatore lascia, è il simbolo di un’estraneità. Raffigurazione quasi metafisica e fuori dal contesto di chi parte. Un morbido contrasto cromatico tra mare, uomo ed il costruito. E’ anche la migrazione dell’io.
Nell’opera “Mediterraneo” Roberto Mannino mostra la rappresentazione della vita di questo mare con grande forza espressiva, mediante l’uso di materiali fibrosi che consentono all’artista di esprimersi con figurazioni dai forti connotati plastici. Ricco di simboli ed anche, nella sua storia, di aspetti drammatici. Le macchie con i contorni decisi, messe in evidenza nell’opera, sono isole felici o natanti dove si innestano speranza e morte.
La visione di chi si allontana dai propri luoghi di origine, non solo per emigrare o per fuggire è l’allestimento di Virginia Ryan intitolato “Fluid Tales”. Una umanità senza nome, resa visibile dalle immagini fotografiche, trasportata dalla nave posta al centro della composizione, che abbandona i propri riferimenti, i propri spazi. Rappresentazione di gioia, oppure nostalgia, rimpianti e fatica.
“La valigia dell’anima” di Lydia Predominato coglie il nesso tra il proprio io e l’esterno. Composizione dove alla rigidità geometrica del parallelepipedo si oppongono la leggerezza dei materiali e l’eleganza dell’andamento sinuoso del segno, che non trova una completa definizione. Contrasti tra i propri desideri, contrasti del proprio agire.
Spazio che non si percepisce come spazio, dove i colori con una miriade di sfumature cambiano di continuo, a volte anche velocemente. E’ nello sguardo di tutti noi. Qualsiasi sia il Paese, la cultura, l’etnia, le credenze e l’agire. Copre tutto il globo. Permane nel tempo dentro la nostra esistenza: ”Il cielo” di Maria Teresa Romitelli è qualcosa di indefinito che l’artista rende reale nei nostri sentimenti ed emozioni. Quale strada, quale scelta, quale il futuro. Un intrecciarsi di percorsi come un ipotetico tessuto urbano costituito da pensieri e sentimenti è “Il labirinto” di Elisabetta Diamanti. Un lavoro complesso nella sua semplice rappresentazione. Ricco di fili che si avvitano tra di loro creando pieghe, ombre che determinano i confini (ricami) di una forma indefinita con al centro un occhio-ombelico. Adagiata in un volume compatto, dove non si riesce a trovare il filo che conduca in un porto sicuro. Le città in“Transitcity3Aemilia” della coppia Basmati appaiono dissolte e confuse nella immaginazione di chi, venendo dal di fuori, affronta per la prima volta, con timore, la loro complessità. Ma sono i luoghi dove le bellezze architettoniche si impongono e predominano e, nel percorrerli, le immagini man mano si ricompongono nella mente di chi si immerge nei loro spazi. Le città allora mostrano a tutti l’autenticità dei propri significati urbani. Nel “Dialogo” di Emanuela Duranti le pietre fotografate ed elaborate secondo la sensibilità artistica dell’autrice, assumono forme varie, tanto da divenire altro, anche con aspetti antropomorfici. E’ quasi la rappresentazione di una comunicazione, di un bisogno insito in noi. E’ come scavare nella materia in profondità per darle, all’apparire di nuove figurazioni, un proprio significato.
Il gioco fantastico della carta. L’immagine del passato nel mondo contemporaneo. Sono i libri di Vittorio Fava. Libri dove non sono scritte storie ma appaiono rappresentazioni di diverso tipo, a volte leggiadre, a volte inquietanti: una miscellanea dove è difficile districarsi tra visione onirica ed intellettualità. Sono il simbolo della vita e della difficoltà di trovare in ognuno di noi l’equilibrio tra fantasia e realtà. L’immagine dell’Oriente e la nostalgia dei luoghi d’origine per chi emigra: è l’opera di Noushin Moghtader Gilvaei. Ritagliate in un involucro di forma non definita, costruito con materiale fibroso, si scorgono aspetti di una cultura antica e nobile. Un frammento di architettura all’interno del quale si intravvedono libere forme floreali. Testimonianze della civiltà e della ricchezza intellettuale di un popolo. Ma che deve mostrare ed esprimere nel nostro tempo la sua appartenenza al mondo dei diritti umani.
Pierfrancesco Caprio
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