Domenica 3 Luglio 2016 alle ore 19.00 al Margaret Cafè, in Via V. Madonia 93 a Terrasini (PA), sarà inaugurata la personale di fotografia “No Fixed Abode” di Giuseppe Iannello, promossa dall’Associazione Asadin, testo di presentazione a cura di Lidia Vitale e con la collaborazione di Evelin Costa (addetto alla comunicazione). La mostra sarà visitabile presso la sala espositiva del Margaret Cafè fino al 23/07/2016 tutti i giorni dalle 9.00 alle 23.00.
'No Fixed Abode' è un progetto nato dall'esigenza di descrivere la difficile realtà di un qualsiasi richiedente asilo politico a Newport, Galles. Questo lavoro è l'epilogo del viaggio affrontato dai migranti attraverso l'Europa che ha, come ultimo approdo, la Gran Bretagna.
In accordo con i soggetti fotografati, ho coperto i loro volti per suggerire la loro perdita di identità, per rappresentare le miriadi di persone che hanno affrontato lo stesso viaggio, ma anche perché, in molti casi, non vogliono essere riconosciuti per paura di conseguenze nei loro paesi di origine.
E' inoltre una collaborazione con i soggetti ritratti. Le immagini al centro di ogni trittico sono state scattate da ognuno di loro durante il loro viaggio, come memoria di tutto ciò che hanno dovuto affrontare.
Le loro immagini come simbolo per tutti coloro che hanno fatto lo stesso percorso.
Giuseppe Iannello è un fotografo di 34 anni che vive tra Palermo e Newport. E' attualmente al terzo anno di Fotografia Documentaria all'University of South Wales, Newport. Il suo primo approccio alla fotografia è avvenuto attraverso l'uso delle macchine analogiche, mezzo che ancora predilige. Ispirato inizialmente dai lavori di Gabriele Basilico e da Luigi Ghirri per il loro modo molto diverso di esplorare il paesaggio urbano, ha focalizzato i suoi primi lavori sull'interferenza dell'uomo sul paesaggio. Il suo modo di fotografare è molto rigoroso e rigido, ritiene molto importante la pulizia nell'inquadratura. I suoi nuovi lavori, influenzati dai suoi studi all'estero, si sono concentrati su piccole comunità, sui problemi dell'immigrazione e sui problemi sociali e ambientali.
Presentazione
Di Lidia Vitale
'Attorno a noi alcuni palesano razzismo nella loro dialettica sulla immigrazione senza che questo possa mostrarsi loro come un atteggiamento politicamente scorretto o umanamente riprovevole.
Le motivazioni di odio verso i migranti possono essere le più disparate e sono riferibili alla loro capacità di ammorbare un tessuto economico già drogato e ammalato, concedendo manodopera praticamente quasi gratuita, alla loro tendenza oppositivo-provocatoria di imporsi con la forza bruta che viola case, corpi, spazi, tessuti sociali, e quel presunto "ordine e pulizia", pur di trovare uno spazio e un luogo costantemente negato.
Non posso fare altro che pensare a quanto il fenomeno tocchi le dimensioni più profonde del far parte di un gruppo che condivide uno spazio che è il mondo. Come se nascere in un dato posto, magari ricco, magari che sa sostanziarsi da sé, magari libero da conflitti e guerre oppure da carenze strutturali, fosse un merito di nascita e un diritto di vita.
Che riguardi solo noi, fottendocene di tutti gli altri.
Ma anche li, le cose sembrano sempre più semplici di come sono semplicemente perché conoscere tutta la serie di fenomeni concatenati che porta ad una determinata realtà, soprattutto se questa riguarda un gran numero di aggregati umani, è davvero un compito complesso e richiede uno sforzo che spesso è pronto a compiere solo chi è autenticamente abituato ad andare al di là delle umane carenze e tendenze.
La migrazione sconvolge equilibri, e ne risalta tutta la loro precarietà, sconvolge le gerarchie di potere più o meno visibili e costringe a ripensare ad un tipo di società a cui la civiltà non è abituata da millenni, a pensare. Impone uno stravolgimento di quelle abitudini e acquisizioni che sembra condurre ad una implosione dello stato sociale e della civiltà tutta.
Prima le migrazioni erano maggiormente contenute e assorbite e i nuovi, seppur portatori di cambiamento, venivano inglobati con maggiore facilità nel nuovo tessuto sociale, oppure palesemente perseguitati e costretti alla fuga. Adesso che i riflettori sono puntati sulle responsabilità dei gruppi maggioritari, sui portatori della democrazia e i salvatori del globo, appaiono decisamente anacronistici tutti i tentativi di contenimento e risoluzioni precedenti.
Se solo si potesse parlare in maniera chiara delle responsabilità che tutti i paesi ricchi hanno nell'aver creato e nel mantenere le disparità all'interno del globo tra loro e i gruppi minoritari, con zone completamente sfruttate dal punto di vista naturalistico, con la depressione coatta della flora, la distruzione della fauna, lo sfruttamento delle risorse naturali fino al loro prosciugamento, e fino all'annullamento del futuro dei più giovani, con lo sfruttamento della loro manodopera infantile a un tozzo di pane e uno sputo d'acqua, senza intervento alcuno sulla struttura sociale come tentativo di supporto politico-economico reale e fattivo contro le proibizioni delle più elementari libertà di esprimersi ed esserci a questo mondo, sarebbe sicuramente diverso il punto di vista dell'uomo comune che cammina per strada e straparla.
Si perché é un discorso sulla criminalità organizzata a cui non vogliamo pensare. Quando si parla di qualsiasi organizzazione criminale non si deve fare riferimento esclusivamente a quelle pubblicizzate che adesso si sono sostanzialmente e camaleonticamente adattate ai tessuti giuridico-costituzionali e alle defaillance degli stessi, stravolgendo in maniera del tutto consequenziale le regole stesse e i principi base della democrazia e facendo apparire sostanzialmente ciò come l'evoluzione normale di un grande gruppo umano, complesso.
Piuttosto bisognerebbe gettare uno sguardo ad alcuni dati di fatto. E sebbene la distribuzione delle risorse: potere, sapere, lavoro, opportunità, tutele, potrebbe sembrare per forza di cose casuale, non lo è più se si osserva a quanta energia viene usata e sprecata dai vari gruppi di potere per mantenere questo dislivello ed opporsi alla ridistribuzione delle stesse.
Opporsi alla ridistribuzione è di per sé criminale ed egoistico ed esaspera questi fenomeni migratori da cui ci si tenta di difendere, con indifferenza e fastidio attraverso brutte balbuzie e parole con cui ci si morde soltanto la lingua.'
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