Si intitola “Altrove 1915-1918. Memorie dal campo di Wagna e altre storie di profughi” la mostra allestita a Gorizia nella sala espositiva della Fondazione Carigo, che verrà inaugurata lunedì 28 novembre alle 18.
Realizzata dal Consorzio Culturale del Monfalconese e dalla Fondazione, la rassegna, che sarà visitabile fino al 26 febbraio 2017 da mercoledì a venerdì dalle 16 alle 19, sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 14 e dalle 15 alle 18, ripercorre le storie degli abitanti di Gorizia, del Monfalconese e dell’Isontino che durante la Grande Guerra vissero l’esperienza della profuganza.
Un fenomeno di grande portata: 240 mila persone che dal fronte austro-italiano si spostarono, a seguito di evacuazioni forzate o spontaneamente, verso le aree interne dell’Impero Asburgico e circa 630 mila profughi – compresi i friulani e i veneti fuggiti dopo Caporetto – che in momenti diversi trovarono ricovero nel Regno d’Italia. Destinazioni diverse ma un unico destino: quello dell’allontanamento dalle proprie case e dai propri affetti e dello straniamento che ne conseguì.
“Si tratta di storie oggetto di un lungo silenzio storiografico ma di una tenace memoria popolare” – commenta il curatore Paolo Malni - “storie diverse, come differenti furono i contesti in cui i profughi vennero gettati dalla violenza della guerra, ma accomunate dall’esperienza dello sradicamento, dell’essere costretti a vivere lontani dalle proprie case e dalle proprie patrie, fra genti di culture diverse, in luoghi sconosciuti, in una parola, altrove”.
Le voci dei protagonisti di quell’esodo accompagnano il visitatore lungo il percorso. Sono testimonianze sonore, dirette o fedelmente ricostruite, registrate e raccolte dal Consorzio Culturale del Monfalconese fino agli anni Novanta, quando era ancora possibile parlare con i protagonisti di quell’esodo, e ricordi scritti, tratti da diari e lettere o trascritte da interviste, che conservano, per scelta, la “lingua” originale di chi quelle vicende le ha vissute e raccontate: il dialetto, il friulano, un italiano non impeccabile dal punto di vista grammaticale.
Con un ricco apparato iconografico e accurati approfondimenti storici, la mostra illustra le condizioni di vita dei profughi a partire dalle prime evacuazioni e dal loro trasferimento, su carri bestiame, dai centri raccolta di Gorizia ed Aurisina fino a Leibnitz (Stiria), da dove i meno abbienti furono trasferiti dapprima in Ungheria e poi in Austria, collocati in campi costituiti da baracche di legno (il cosiddetto Barackensystem) o dispersi nell’Impero, dalle regioni austriache alla Boemia e alla Moravia.
Al centro dell’esposizione il campo che sorgeva accanto al villaggio rurale di Wagna, in Stiria, dove circa 20 mila profughi trascorsero gli anni di guerra, stipati in strutture lunghe 51 metri che ospitavano fino a 400 persone l’una. Oltre alla fame e alle precarie condizioni igienico sanitarie, la gestione del campo quanto mai autoritaria e le dure restrizioni alla libertà di movimento caratterizzarono la permanenza dei profughi.
La mostra si sofferma inoltre sul campo profughi di Gmünd, il più grande tra quelli austriaci, utilizzato per sistemare nell’autunno 1915 diciottomila sloveni e croati provenienti dal fronte austro-italiano; su quello di Steinklamm, che fu stazione di internamento fino al novembre 1915 e poi ospitò le persone prima collocate a Gmünd, analogamente al campo di Bruck an der Leitha, 30 km a est di Vienna, che fu all’epoca la più grande “città” slovena al di fuori delle regioni abitate da sloveni, contando stabilmente circa 5 mila profughi. Particolare è inoltre il caso di Mistelbach, che funse da colonia per persone “di condizione sociale elevata”, organizzata secondo il Zimmersystem, che assegnava una stanza e una cucina a ogni famiglia. Un approfondimento è infine riservato al Barackenlager di Pottendorf, dove vennero alloggiati profughi istriani ed isontini, in particolare delle comunità di San Lorenzo Isontino e San Martino del Carso.
La mostra tratta anche il tema degli internamenti attuati dalle autorità di Vienna, che colpirono persone considerate “politicamente inaffidabili”, cittadini austriaci di lingua italiana, irredentisti o presunti tali, sloveni e croati, come anche cittadini italiani residenti nell’Impero (i “regnicoli”).
“Profughi in Italia” è infine il titolo dell’ultima sezione, che ricostruisce le vicende dei profughi che furono ricoverati in colonie istituite lungo tutta la penisola, in particolare in Piemonte, Lombardia, Liguria, Toscana e Campania, tra cui le maggiori a Cordenons, Diano Marina (Imperia), Genova, Torino e Firenze.
“A cent’anni dalla Grande Guerra” - dichiara il Presidente della Fondazione Carigo, Gianluigi Chiozza – “questo progetto espositivo, condiviso con il Consorzio Culturale del Monfalconese, promuove la conoscenza di un aspetto importante, eppure poco noto, del primo conflitto mondiale e mette in luce le conseguenze che i fatti bellici ebbero sulla vita delle persone del nostro territorio”.
“Altrove” - sottolinea il Presidente del Consorzio Culturale del Monfalconese, Davide Iannis – “nasce dalla volontà di ricomporre i tasselli di una memoria collettiva che rischia di andare perduta e che appartiene a tutti noi. Questa mostra, resa possibile anche grazie alla preziosa collaborazione di enti pubblici e di privati, è un’esposizione concepita come un percorso itinerante, pensato per poter essere traslato in altri spazi, per diffondere il più possibile i ricordi di quel passato”.
La mostra è corredata da una “guida” edita dal Consorzio Culturale del Monfalconese e a cura di Paolo Malni, disponibile in lingua italiana, slovena e inglese.
E' stata prorogata fino al 12 marzo 2017 l'apertura al pubblico della mostra “Altrove (1915-1918). Memorie dal campo di Wagna e altre storie di profughi”, allestita a Gorizia, nella sala espositiva della Fondazione Carigo (via Carducci 2) e realizzata dal Consorzio Culturale del Monfalconese e dalla stessa Fondazione.
Premiata da un grande successo di pubblico, la rassegna sta ospitando in queste settimane molte scuole isontine, che partecipano alle visite guidate ed ai laboratori didattici realizzati dalla Cooperativa Musaeus, oltre a numerosi visitatori, tra cui vari gruppi, provenienti da tutto il territorio regionale e non solo. E’ inoltre in corso un progetto di alternanza scuola-lavoro che vede impegnati nell’ambito della mostra venti studenti del Liceo Scientifico di Gorizia.
La mostra, a cura di Paolo Malni, ripercorre le storie dei profughi goriziani, monfalconesi e isontini della Grande Guerra, raccontate dalle voci dei protagonisti con il supporto di immagini d’epoca, mappe e grafici spesso inediti o creati per l’occasione. Al centro dell’esposizione le conseguenze della Grande Guerra sui civili del nostro territorio, che fuggirono e furono sfollati verso l’interno dell’Impero Austro-ungarico o in Italia. Un tema scandagliato da vari punti di vista, con particolare attenzione al campo di Wagna, alla sua gestione ed alle condizioni di vita dei profughi, con riferimento all’alimentazione, alla sanità, all’istruzione, alla vita sociale. Oltre ad approfondire il Barackensystem, modalità di accoglimento dei profughi prescelta dall’amministrazione austro-ungarica e basata su campi costituiti da baracche di legno, la mostra tratta anche dei profughi che fuggirono in Italia, dove non esisteva un coordinamento centralizzato dell’assistenza, e che trascorsero gli anni della Grande Guerra in Piemonte, Lombardia, Liguria, Toscana, Campania, Sicilia, e in altre regioni.
La mostra “Altrove” è visitabile, a ingresso libero, nelle giornate di mercoledì, giovedì e venerdì dalle 16 alle 19, sabato e domenica dalle 10 alle 14 e dalle 15 alle 18, con visita guidata alle 16.30.
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