Già il nome d’arte che Vasco Brondi si è scelto – Le luci della centrale elettrica sono quelle dell'ex polo industriale Montedison di Ferrara, dove Brondi ha trascorso infanzia e adolescenza – fa intuire di trovarsi di fronte ad un personaggio fuori dagli schemi. Certo, c’è che chi ha paragonato il suo stile vocale a gente come De André, De Gregori o Rino Gaetano, ma Vasco commenta: “Non sapendo fare praticamente niente, quello che eufemisticamente possiamo chiamare il mio stile vocale è l'unico che mi viene fuori”.
Che lingua parli? La musica! Riflessioni sparse su un linguaggio universale e sempre vivo che racconta e mette in condivisione persone e valori. Da sempre la musica rappresenta uno degli strumenti comunicativi più efficaci al mondo. Capace di superare le barriere linguistiche e spesso anche quelle culturali fornisce ad ogni artista la capacità di raccontare la realtà che ci circonda e di fornire a chi ascolta stimoli ed emozioni.Ognuno di noi appartiene a una “generazione musicale” e chiunque può dire che persona è citando alcuni tra i musicisti che più ascolta. Ma per chi la musica la scrive, la interpreta e ne fa la sua vita, come funziona? Quali sono le responsabilità e gli stimoli che portano un artista a fare della musica il suo modo di raccontare il mondo e starci dentro? Il Festival delle Resistenze ha deciso di invitare un noto esponente del cantautorato italiano per dialogare con il pubblico e, attraverso il proprio repertorio, ripercorrere un pezzo della nostra storia contemporanea.
L’appuntamento con Le luci della centrale elettrica, o Vasco Brondi che dir si voglia, è per sabato 24 settembre alle ore 21 nel tendone del Festival delle Resistenze in piazza Cesare Battisti.
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