La Grande Rogazione di Asiago qust'anno si svolge il 24 maggio 2017.
Ci sono cose che si raccontano con esitazione e riguardo, quasi fossero dei segreti. Vorresti metterne a parte gli amici più cari, ma temi di tradire chi te li ha affidati con fiducia, dubiti che il tuo racconto svuoti un'emozione e banalizzi la magia di un evento, al tempo stesso avverti il rischio di scivolare nell'enfasi e nella retorica...
C'è un segreto che sull'Altopiano dei Sette Comuni conoscono tutti: la Grande Rogazione. Ma che segreto è, vi direte, se lo condividono oltre 20 mila persone? E come può restare riservato un appuntamento che si ripete puntualmente ogni anno, da secoli, il giorno prima dell'Ascensione?
Il fatto è che non basta sapere che c'è: solo chi l'ha "vissuta" dal di dentro sa davvero cos'è la Grande Rogazione. E perciò anche gli ospiti che da anni sono di casa ad Asiago, raramente la conoscono realmente, a meno che non si siano accollati almeno una volta le 13 ore e i 30 chilometri di cammino. Troppo facile scambiarla per una normale processione religiosa, una normale scampagnata collettiva, una normale manifestazione del folklore. La Rogazione asiaghese è tutto questo, ma anche molto di più.
Si tratta del ripetersi del rito antico di oltre 600 anni delle peregrinazioni propiziatorie che chiedevano un buon raccolto. Si parte alle sei del mattino dal Duomo di Asiago, e dietro lo stendardo rosso con la croce bianca la processione si incammina percorrendo i confini del comune attraverso le stradine sterrate e i prati ancora ingialliti dal tarassaco. Un migliaio di persone, all'inizio, felici di condividere una levataccia, un panorama ancora sospeso nel grigio dell'alba, i canti delle contrade che restituiscono intatto, un sentimento tenace di comunità, solo dopo il 1638 la processione fa tappa al Lazzaretto, dove si ferma per la prima colazione al sacco e la celebrazione della messa, ex voto per la liberazione del paese dalla peste.
Le famiglie stanno insieme, le ragazze regalano uova colorate ai maschi, in particolare ai ragazzi da cui hanno ricevuto in dono il tradizionale "cucco" di terracotta il giorno di San Marco: religiosità che si intreccia con la festa, riti propiziatori precristiani e devozione genuina, amicizia e antiche reminiscenze dionisiache, come la sera ai boschetti di Gallio, quando i più giovani. come creature dei boschi, si cingono il capo di ghirlande di larice.
Il "giro del mondo" prosegue, sempre accompagnato dall'armonioso e potente fraseggio dei cori; la processione è ormai una fiumana dì migliaia di persone che si dipana tra i boschi e i pendii del Kaberlaba, tocca Canove, Camporovere, affronta la faticosa salita al Monte Katz. Ogni tanto una sosta per il cibo e la convivialità, un incontro con vecchi amici dispersi da anni.
L'entrata in paese, alle sette di sera, è una marcia trionfale scandita dal suono possente delle campane: è la comunità che dà il benvenuto a se stessa, un'emozione che resta dentro per sempre.
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