ISRE – Istituto Superiore Regionale Etnografico - presenta
“Gramsci. Un ’Omine, una Vida” – Uno spettacolo con i Tenores di Neoneli
Mercoledì 23 maggio 2018 alle ore 18.30 all’Auditorium Giovanni Lilliu di Via Mereu, 56, a Nuoro, l’Isre – Istituto Superiore Regionale Etnografico – porta in scena i Tenores di Neoneli, uno dei gruppi sardi più famosi in Sardegna e nel mondo, che presentano lo spettacolo dal titolo “Gramsci. Un 'Omine, una Vida”: la storia e la vita del più grande pensatore sardo raccontata con ottave in lingua sardo-logudorese. Introduce la serata Giorgio Macciotta, parlamentare, già sottosegretario, presidente della Fondazione Casa museo Antonio Gramsci di Ghilarza.
“Con il canto, la narrazione e le musiche si percorreranno i passaggi più salienti della breve vita di un grande sardo, uno degli scrittori più studiati e tradotti al mondo in ogni tempo” si legge nella nota di presentazione del libro a cui il concerto si ispira.
“Uno spettacolo senza precedenti in assoluto” spiega Tonino Cau, direttore artistico del gruppo, “per due motivi: mai nessuno gruppo o artista sardo, poeta o scrittore, ha scritto la vita e la storia di Antonio Gramsci in rima sarda logudoresa e dunque meno che mai è stato prodotto un simile spettacolo. Mai nessun tenore ha scritto un libro e cantato i contenuti in uno spettacolo che racconta la storia, la vita e le opere del sardo più famoso nel mondo, Antonio Gramsci”.
Il progetto artistico editoriale è stato oggetto di recente di una lunga tournée oltreoceano che ha portato il quintetto diretto da Cau - e composto da Ivo Marras, Peppeloisu Piras, Angelo Piras, e Roberto Dessì - ad approdare in vari Paesi. L’esibizione recente più prestigiosa al Quirinale, nella sala del Bronzino, in diretta radio europea. Un grande successo con acclamazione finale.
I canti a Tenores del quintetto di Neoneli saranno accompagnati dagli strumenti della tradizione musicale sarda, launeddas e organetto, suonati dai maestri musicisti Orlando ed Eliseo Mascia. Uno spettacolo unico, da non perdere, che racconta la vicenda del filosofo più importante della Sardegna tramite quella voce primordiale dell’Isola che è il Canto a tenore, manifestazione artistica riconosciuta dall'Unesco come Patrimonio culturale dell'Umanità (terzo bene intangibile italiano tutelato, dopo l’Opera dei pupi e la Dieta mediterranea).
Con il prestigioso riconoscimento la forma più arcaica della coralità sarda, di origine pastorale, esce dal regionalismo e dal folklore per entrare nel firmamento internazionale dell'Unesco, insieme al pastoralismo sardo, quale contenitore specifico dell'espressione corale. Tutelare il patrimonio della cultura popolare e l’universo di conoscenze legate alle forme tradizionali rientra nei compiti dell’Isre. Questo compito acquista maggiore rilevanza e pregnanza dal momento che questa eredità culturale, collezione della diversità umana e fondamentale nel processo di costruzione della nostra identità, risulta, proprio perché orale, facilmente vulnerabile.
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Intervista con Tonino Cau
Gramsci, un ‘Omine, una Vida: quando il folclore racconta storie sa insegnare
Da oltre quarant’anni Tonino Cau da Neoneli è direttore artistico e amministrativo dei Tenores di Neoneli. Cavaliere della Repubblica per meriti culturali, quest’uomo, classe 1955, è la voce di un canto “unico al mondo”: il canto a tenore, riconosciuto dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità. Mercoledì 23 maggio alle ore 18.30, all’Auditorium Giovanni Lilliu di Via Mereu a Nuoro, sotto l’egida dell’Isre, Cau e i Tenores portano in scena uno spettacolo dal titolo “Gramsci. Un ‘Omine, una Vida”. La storia e la vita del più grande pensatore sardo raccontata con ottave in lingua sardo-logudorese.
Cau, la forma più arcaica della coralità sarda ha sfondato i muri del nuraghe ed è entrata nel firmamento internazionale dell’Unesco. Qual è, secondo lei, la sua specificità più importante?
La specificità del canto a tenore è che due su quattro sono voci gutturali - contra e basciu. Il solista funziona come un vero strumentista - prima non c'erano strumenti musicali e su tenore era lo strumento per antonomasia, essendo la voce umana il primo strumento, appunto. Lui intona, da "su puntu", il coro interviene con dei fonemi senza senso (bim bo, bim ba, bo ro...). Si attiva così una melodia arcaica in cui alla voce risponde il coro: strumentista e strumento. E’ la magia di un canto le cui modalità espressive variano da paese a paese, contro ogni appiattimento oggi imposto dalla globalizzazione. La voce del mondo: perché i nostri paesi, prima, erano “il mondo”.
Che cos’è un canto a tenore? E cosa prova lei, quando lo canta?
Quando canti a tenore sei isolato dal mondo, assieme ai tuoi tre colleghi: pensi solo a cucire le voci per dare all'esterno la sensazione della melodia. Le voci del tenore, una ad una, sarebbero cacofoniche, messe assieme sprigionano un'armonia ancestrale di rara suggestione che, se hai il giusto Dna, ti possiede. Ho girato molto e molte sonorità popolari hanno sfumature che potrebbero essere considerate simili ad altre de su tenore. Ma io credo che il nostro sia un canto unico al mondo.
E’ la voce della Sardegna del passato o quella del futuro?
E’ la voce del passato, perché sonorità e melodie sono antiche. Del passato perché scriviamo storie di personaggi e periodi che hanno rivestito grande importanza nella storia sarda: penso ad Antonio Gramsci, a Emilio Lussu –stiamo terminando circa 900 strofe in otadas logudoresas sulla sua vita, e un omonimo spettacolo. Ma è anche la voce del presente, perché sui brani musicali atavici sovrapponiamo nostri testi su tematiche quasi sempre attuali, pronte a raccontare cose, storie e persone.
Nel “Villaggio informatico” Michelangelo Pira immagina il recupero della comunicazione e delle proprie radici culturali attraverso “la rete”. Lei crede che si sia avverata la profezia di Pira?
Io sono l'esempio che Pira aveva ragione. La prima tournée in Australia l'abbiamo organizzata interamente col pc, senza una sola telefonata, che io ricordi. Oggi è tutto velocissimo. L'altro giorno eravamo a Edimburgo: tutti sapevano tutto di noi. Però, ascoltarti dal vivo evoca sempre un'emozione particolare. L’aura sta tutta nell’istante.
Parliamo di Gramsci. Come è nata l’idea di dedicargli un concerto?
Non dedichiamo un concerto a Gramsci per fare retorica un tanto al chilo. Qua ballano due anni di lavoro e ricerche che hanno portato allo scrivere il libro “Gramsci, un 'Omine, una Vida”. Cosa non facile. In ogni modo, malgrado i ventimila titoli dedicati al nostro, nessuno mai aveva scritto la sua vita nella sua lingua. Lo abbiamo fatto noi. A Roma qualcuno giorni fa ha definito lo spettacolo “un canto che insegna”. Una definizione che ci gratifica oltre ogni dire, ma che soprattutto esalta il valore pregante delle tradizioni, per quanto ci riguarda, che possono essere un veicolo di cultura.
Come è strutturato l’evento, e in cosa consiste?
“Gramsci, un 'Omine, una Vida” è un racconto che avvince. Avvince perché nello spettacolo, raccontando e cantando un tale personaggio, si crea un clima elettrico in sala. La gente sbalordisce ad apprendere i passaggi della vita del personaggio, così sintetizzati nel canto. E’ il nostro intento principale: far conoscere un così grande personaggio. Il primo libro su di lui me lo regalò Giuseppe Fiori, la passione per le sue opere me la trasmise Peppino Marotto. L'altro giorno, un altro Giuseppe, Giuseppe Vacca, uno dei massimi studiosi mondiali di Gramsci, assistendo allo spettacolo a Roma ha detto: uno spettacolo non di folclore dozzinale, ma di folclore responsabile, come piaceva a Gramsci. Un folclore che racconta storie, che non si guarda solo indietro, cosa che sarebbe riduttiva, ma che insegna. Uno spettacolo che stimola allo studio.
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