I luoghi della Memoria: sulle tracce delle vittime dell’occupazione tedesca
La nostra escursione parte da Fornacelle (Montemurlo) per fare tappa sulla Montalese, 100 metri prima della piazza di Montale, ove una targa ricorda i 5 impiccati per la rappresaglia del 4 sett. 1944 a causa dell’uccisione del giorno prima al Ponte alla Trave di un tedesco che voleva sequestrare la bici ad un passante. Vittime Giuseppe Bessi, già vicesindaco a Montemurlo, Luigi Malusci, Nello Staderini, Anselmo Giugni e Antonio Gambi. Desta impressione la foto che mostra gli impiccati che strisciano i piedi a terra e devono essere finiti con le armi per non esservi nel luogo alberi adatti al macabro rito.
Si torna sui propri passi per svoltare a sinistra verso Fognano. Fatti circa 300 metri ci si trova all’altezza della Pescaia dei Pieratti (a destra sull’Agna). Qui, il 5 luglio 1945, a guerra finita, circa 20 ragazzi fanno il bagno nel bozzo. Uno trova un oggetto, esce dall’acqua e tenta di smontarlo. Altri gli si fanno attorno E’ una bomba tedesca. Scoppia. Muoiono il diciassettenne Renato Nieri, i due fratelli Giuseppe e Paolo Nieri di otto e cinque anni, e Giuseppe Signori di sette anni. Quelli in acqua si salvano. Il fatto rimane nella memoria collettiva.
Si sale sorpassando Fognano e poco sopra si prende a destra per Striglianella. Sorpassato il Mulinaccio, al Guado di Reticaia, lungo l’Agna delle Banditelle, altra rappresaglia tedesca il 4 agosto ’44: Andrea Otello Mariotti (1897) e Walter Mariotti (1922), padre e figlio sfollati da Prato; Amedeo Menicacci (1922), colono di Javello nel secondo podere di Reticaia, quello senza casa, e Amedeo Torracchi, operaio di Javello che alcuni mesi prima perde un braccio mentre pota i castagni alle Banditelle a causa delle bombe sganciate dagli Alleati di ritorno dal bombardamento della “Linea Gotica” sopra Logomano; infine Lucchesi Primo di 17 anni, che la mamma segue da dietro una siepe e lo vede fucilare. I cinque con i partigiani non hanno nulla a che fare. Il cippo li ricorda.
Un’occhiata al luogo della fucilazione, sulla sinistra Agna (Montemurlo) ove vi è una croce. Si prosegue per Striglianella. Qui, nella trattoria Torracchi, abita Anna Torracchi, un testimone, sette anni al momento dei fatti. A Striglianella la mattina di quel 4 agosto ’44 vengono catturate 11 persone, sei vengono rilasciate, cinque sono fucilate. La frazioncina è fatta saltare con delle cariche casa per casa insieme a tutti i casali sopra: Pian di Butia (5 famiglie), Casa Amato (5 famiglie), il Crocicchio (3 famiglie) e Banditelle (1 famiglia). I fienili e le ‘canicciaie’ sono bruciate. I casali, salendo, li incontriamo ad uno ad uno come stazioni della Via Crucis, stazioni del dolore....
Se ci volgiamo indietro, ci accorgiamo che il pendio che scende dal Monte Acuto, dalle Cavallaie e dallo Javello forma una valle chiusa agli sguardi di chi transita dal piano Firenze- Pistoia. Le genti, prima del Mille, si nascondono qui e dall’altra parte dello Javello (valle del rio Trogola) agli eserciti dei barbari che battono il piano. Scomparsi i barbari, quelle genti scendono al piano e fondano Prato e Montemurlo.
Impressionante la natura. Ancora oggi riconoscibili i percorsi che hanno visto transitare Liguri, Etruschi, Romani, ma anche pastori, soldati sbandati e partigiani. Perfino i tedeschi in ritirata passano dalle Banditelle provenendo da Fognano, ma anche da Albiano...
Percorriamo la “strada vecchia” (i lastroni e il fascino lo dimostrano) e giungiamo alla fattoria di Javello (1.020 ettari). Qui nel ‘44 c’è il ‘terzomo’ Brunetto Vannucci con la moglie Maria e il fattore Bruno Chiavacci, testimoni importanti da noi ascoltati. E ci sono i Borghese, come oggi. Allora c’è la nobile siciliana donna Sofia Lanza Brancioforte di Trabbia, consorte di Gian Giacomo Borghese comandante di Roma sotto il fascismo, a quel tempo nascosto in un bunker di Montevettolini dove la famiglia ha un’altra villa-fattoria. Donna Sofia e il fattore sono costretti al doppio gioco. Così accade che un giorno, mentre il fattore è dietro la fattoria coi partigiani che carica di viveri il loro mulo, sul davanti donna Sofia intrattiene l’ufficiale tedesco con la pattuglia salita fin lassù. Javello è anche ospizio sicuro di personaggi sulla via della fuga ed io stesso ho letto i nomi di battaglia con cui si firmano. Alla data 11 sett. ’44 leggo: “Fermati in un’oasi di pace e raccolti (sic) con commovente paternità nella fuga verso una libertà incerta, lasciamo del nostro passaggio la nostra piccola firma e tutta la nostra gratitudine”; seguono cinque firme.
Il fattore Bruno Chiavacci viene catturato dai tedeschi e portato a Villa Triste (famigerata, sopra FI) e interrogato. È destinato alla Germania! Donna Sofia va a parlare con il comandante tedesco, che la riconosce per essere stato suo ospite in Sicilia. Naturalmente Bruno è liberato per merito suo. Non lo saprà mai.
Dalla fattoria di Javello, attraverso la Casaccia e il Castagnetino, in breve si giunge alla Fonte d’Albiano che ha accanto quella che era allora la “Casa del Nebbia”, ossia Ernesto Taiti. Qui vi era una bottega con trattoria annessa e appena sotto la ‘scolina d’Albiano’. Albiano merita la denominazione di “Luogo della memoria” perché nel ‘43-44 fu scelto da ricercati (tra loro Armando Bardazzi, che in fuga dal carcere di Firenze, si nasconde qui per poi salire sullo Javello ove dopo i fatti di Banditelle diventa comandante della formazione “Bogardo Buricchi”) e sfollati divenendo punto di raccordo tra la formazione stessa, attiva ai faggi di Javello, e il Comando di Liberazione Nazionale (CLN) locale con sede in Prato nel convento di S. Niccolò. Ad Albiano, nella ‘scolina’, c’era Cantini Loris (bidello?), che teneva i contatti con i partigiani sullo Javello.
Altro punto strategico era la Casina Rossa, alla Collina di Prato, ove c’era Menghino, partigiano della guerra spagnola, e Ofelia. Era Ofelia, compagna di Armando Bardazzi, che teneva i contatti tra la Casa Rossa e il Comando partigiano sullo Javello, mentre uno che teneva i contatti fra la Casina Rossa, la “scolina d’Albiano” e il Comitato di Liberazione di Prato era Sergio Mari. Spesso faceva da tramite Bruno Chiavacci con messaggi a voce o “bigliettini”.
Sergio Mari, Armando Bardazzi, Anna Torracchi, Lina Bolognesi (contadina alle Banditelle), Bruno Mugnaini della Briglia, che nel ‘43-44 è ospite dello zio Leone Vannucci, colono a Ciliegiole (Albiano), li abbiamo avuti come “testimoni” il 29 maggio 2004 al Casale Fonte d’Albiano (“il Gualchierotti”, si diceva allora), ove la Storia Camminata e la Scuola “Salvemini-La Pira” di Montemurlo hanno organizzato il primo di quattro incontri dedicati a I luoghi della memoria intitolato Albiano 1943-44. (Vedi programma 2006 della Storia Camminata pp. 22-44)
A breve distanza da qui c’è Pian di Valle (qui il gruppo dello Javello ebbe uno scontro con i tedeschi che venivano a cercare i cavalli della cooperativa che faceva trasporto alla Stazione di Prato, nascosti nella “Casa vecchia” del podere ove era colono Leone Vannucci), la Quercia dei Termini, la ex Villa del Magni (nel ’44 era del ‘Calamaino’ e c’erano sfollati due dottori), la Collina, Serilli (qui vi fu organizzato il campo dei lanci di viveri degli Alleati, ma anche di una spia infiltrata, certo ten. Martini) e la Casina Rossa. Appena sotto alla chiesa d’Albiano, infine, troviamo la colonica di Ciliegiole, ove era colono Leone Vannucci.
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