Carlevè 'd Mondvì, dal 28 gennaio al 18 febbraio 2018
Il Carlevè unisce Mondovì e Avigliano Umbro: il Moro accoglie Chicchirichella
Il tradizionale gemellaggio carnascialesco porta nel monregalese le maschere umbre della commedia dell'arte
La Cità di Mondovì ed il Comune di Avigliano Umbro si uniscono nel segno del Carlevè: il Moro incontra Chicchirichella. Il Monregalese accoglie in gemellaggio la storica maschera del Centro Italia, una tradizione decennale che contnua e si rinnova: dopo aver ospitato nel 2017 il simbolo della tradizione carnascialesca orobica, l'ecletco 'Arlecchino', nel 2018 la Famija Monregaleisa riscopre e valorizza la più rinomata tra le maschere umbre della commedia dell'arte.
Nasotorto, Nasoacciaccato, Rosalinda e Chicchirichella, quest i nomi dei quatro personaggi nat ad Avigliano Umbro dai personaggi di una flastrocca locale del ‘500, sapientemente custodite dalle persone anziane e creatvamente rielaborate da Oliviero Piacent e Paola Contli. Ogni maschera ha una storia e una rigorosa scheda identtaria, un proflo psicologico, un corpo di popolare bellezza, abito singolare tradizionale, dialeto umbro e gusto peculiare umbro e ne combinano di tut i colori, secondo i canoni della Commedia dell’Arte. Ognuna di esse rappresenta uno specifco archetipo: dall'eroe/imbroglione (Nasoacciaccato) al padre/orco (Nasotorto), sino alla principessa/sedutrice (Rosalinda) ed al vagabondo (Chicchirichella). Le maschere, nella loro esuberante semplicità, rappresentano l’Umbria, essendo legat a ciascuno di loro, i modi di dire, la buona cucina, gli abit, il temperamento di una terra, dove l’umiltà della gente è pari alla bellezza del paesaggio.
Il “padre” è Oliviero Piacenti, fotografo, autore, regista, atore, videomaker, grafco ed esperto in comunicazione recentemente scomparso, che ha avuto l’idea. La “madre” è Paola Contili, pitrice, poetessa, scritrice, grafca, costumista, videomaker e donna di teatro, in una parola “Creatva”, compagna artstca di Oliviero Piacent, diretore artstco del 'Laboratorio del Paesaggio', che le ha disegnate e realizzato i costumi. Ad Avigliano Umbro, nel 2015, si è voluto riproporre un Carnevale legato al periodo della Commedia dell’Arte con una serie di iniziatve volte a far emergere quella rappresentazione e facendo nascere in quel contesto quatro maschere: Nasotorto, Nasoacciaccato, Chicchirichella e Rosalinda alla maniera della Commedia dell’Arte alle quali sono state accostate le forme d’arte di quel periodo storico, di quel fenomeno tuto italiano poi divenuto di riferimento culturale in gran parte dell’Europa.
Piemonte ed Umbria unite da un gemellaggio carnascialesco con profonde radici nella tradizione culinaria italiana: se la risola rappresenta il 'dolce' simbolo del Carlevè 'd Mondvì, le maschere umbre sono legate al cibo, che naturalmente è a sua volta legato al territorio dove queste vivono e agiscono. Rosalinda è infat ghiota di 'nociata' una specie di torrone che troviamo a Massa Martana, tut mangiano il maiale e Nasotorto è appassionato del 'cigoto di Grut', Nasacciaccato ama i 'manfricoli' condit con pecorino e salsicce, mentre Chicchirichela non disdegna un bel piato di 'fave cotore' cucinate con una croccante “barbazza” (guanciale di maiale). Ma anche le ciriole e i pampepat, la bruscheta e la panzanella o alla domenica le tagliatelle al ragù contadino seguite da un bel pollo allo spiedo. Il vino va bene tuto, ma un buon Sagrantno di Montefalco o un biondo Grecheto di Todi fanno sicuramente la diferenza. Buongustai che per necessità fanno un pasto frugale, ma a volte anche da “grand gourmet”.
«Per la prima volta - dichiara Enrico Nata, presidente della Famija Monregaleisa - al Carlevè 'd Mondvì arriva la tradizione carnascialesca di un piccolo Comune del Centro Italia. Siamo partcolarmente orgogliosi di proporre questo gemellaggio per il ricco bagaglio culturale che accomuna il Moro a Chicchirichella. Storie che devono essere tramandate nel tempo non solo per onorare la nostra tradizione ma anche per rendere più 'leggera' la quotdianità: il Carlevè fa sognare, ci trasporta in una dimensione esterna alla vita reale, consentendoci di afrontare con il sorriso event che a volte hanno risvolti drammatci. Il mio riferimento va al terremoto che ha duramente colpito l'Umbria e che lo scorso anno è stato soggeto di aiut umanitari dal nostro territorio. Evviva il Carlevè, grazie ad Avigliano Umbro».
Saranno due gli appuntament che vedranno impegnato Chicchirichella nel Monregalese, a partre dalla conferenza di presentazione ufciale del Carlevè 'd Mondvì che avrà luogo sabato 20 gennaio 2018, alle ore 11, presso la Sala del Consiglio Comunale del Municipio di Mondovì (Corso Statuto, 15).
CHICCHIRICHELLA
Chicchirichella nasce nel rione Castelluzzo in Avigliano Umbro. Porta sempre a tracolla sulle spalle il suo strumento, il liuto, dal quale mai si separa. Canterino, canta solo di matna perché la sera è già ubriaco.
Porta inflata nel proprio cappello una piuma d'oca che gli serve per scrivere di geto le sue canzoni.
Furbo. Vivace. Intelligente e sveglio. Capace ma svogliato. Spiritoso, scherzoso, stravagante. Vive di espedient e della sua musica. Il padre viene da Narni, la madre da Montecastrilli, i nonni da parte del padre da Taizzano e Orte, da parte di madre da Amelia e Farneta.
La filastrocca
«Chi è morto? Nasotorto. E chi l’ha soterrato? Nasoacciaccato. E chi ha suonato la campanella? Quel birbone di Chicchirichella. E chi è la più bramata e mai convinta? La fglia della Florinda. E chi è, chi è? La bella Rosalinda…» «...Chicchirichella c’avea una mula tut li giorni la portava a pastura e col basto e co’ la sella viva la mula di Chicchirichella!...».
Il sincopato
«Nun te mete a fa le picchionesse, sta cosa nun me sconfnfera!»
La strada è la sua dimensione, la musica la sua espressione, la vita libera la sua condizione. Creatvo, vivace, intelligente, spiritoso e stravagante vive a stento della sua musica che scrive utlizzando la piuma d'oca che porta nel cappello e che suona col suo liuto, oggeto dal quale mai si separa e che, come la coperta di Linus, lo conforta e rassicura. La sua personalità si può riassumere nella famosa frase «è intelligente ma non si applica»: istrionico e infantle vive una dimensione bohemienne dove ci si nutre di libere emozioni e si rifuta ogni tpo di regola e condizionamento. Campa di espedient, spesso si incontra all'osteria del Cicchio col compare di merende Nasoacciaccato. La sera è quasi sempre ubriaco, vizio questo che copre la coscienza dei suoi limit e non gli consente di progredire nel rapporto con Rosalinda della quale è anche lui innamorato.
ARCHETIPO DEL VAGABONDO: L'errante è chi va alla deriva, privo di ogni altra infuenza se non rispondendo solo ai suoi istnt e alle forze vitali interiori evitando ogni tpo di impegno. È l'espressione del modello Peter Pan che rifuta di diventare adulto e fnisce col restare sempre infantle, anche nella vecchiaia. Piutosto che diventare Uomo e quindi prendere coscienza delle responsabilità e dei limit della condizione umana, il vagabondo perpetua il mito dell'onnipotenza, della somiglianza al dio; vive nel qui e ora sacrifcando spesso l'evoluzione di sé, qualsiasi forma di progetualità della vita e la possibilità di costruire rapport afetvi stabili.
L’IDIOMA
Le quatro Maschere Umbre alla maniera della Commedia dell’Arte parlano un dialeto che è un insieme di lingue che vanno dall’Alta Valle del Tevere alla Conca Ternana e che è fruto di una accurata ricerca nell’area dove sono collocate geografcamente per nascita e parentele. Non esistono dizionari ne punt di riferimento consolidat, se non la memoria e l'uso quotdiano dei "parlant" per questo “dialeto”. La principale ricchezza di una lingua sono i modi di dire (accezione qui usata genericamente, comprensiva anche di locuzioni, frasi idiomatche, massime, sentenze, proverbi, mot), che possono riprendere parole simili (a volte uguali) alla lingua italiana, molte parole sono scomparse e sono sconosciute ai più; tant modi di dire che esprimevano la saggezza popolare, condensata in brevi frasi, non si utlizzano più e sono anch’essi sconosciut; si è indebolita la trasmissione naturale di saperi e di saggezza tra le diverse generazioni e il dialeto evolvendosi, si è “impoverito”. Ma con una accurata ricerca, sopratuto confrontandosi con le persone più anziane, le “Maschere Umbre” hanno recuperato moltssimo di questo modo di parlare. Per sua natura, un lavoro del genere non può essere completo; è come scavare in una miniera inesauribile. Vanno apportate correzioni, aggiornament e integrazioni, in un lavoro di ricerca che non trova fne.
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