Giampiero Ingrassia
Maestro di Cerimonie
in
Cabaret il Musical
Testo: Joe Masteroff
Basato sulla commedi adi John Van Druten e sui racconti di Christopher Isherwood
Musiche: John Kander
Liriche: Fred Ebb
Traduzione: Michele Renzullo
Adattamento: Saverio Marconi
Con: Giulia Ottonello (Sally Bowles)
Regia: Saverio Marconi
VI EMOZIONERETE, PIANGERETE, SICURAMENTE, E VI FARETE MOLTE DOMANDE!
Sulla scia dell’unanime consenso di pubblico e critica raccolto nella stagione appena trascorsa, Cabaret Il Musical prosegue il tour anche nella stagione 2016/17. Cabaret è uno spettacolo molto caro al regista Saverio Marconi, che lo aveva già portato in scena in precedenza in due edizioni molto diverse. Il testo di Joe Masteroff, basato sulla commedia di John Van Druten e sui racconti di Christopher Isherwood, con le musiche di John Kander e le liriche Fred Ebb (tradotto da Michele Renzullo) è un classico del teatro musicale (famosissimo anche per il film del 1972 con Liza Minnelli).
Questo nuovo allestimento di “Cabaret” (il terzo per la Compagnia della Rancia dopo le edizioni del 1992 e del 2007) è amaro, duro, toccante: è teatro nel teatro, con una scenografia che “invade” il palcoscenico, firmata da Gabriele Moreschi e dallo stesso Saverio Marconi. Eleganti e frutto di ricerca storica i costumi di Carla Accoramboni, che, insieme al disegno luci di Valerio Tiberi, regalano allo spettacolo atmosfere ora intense ora quasi sospese. Esplosivi i quadri musicali del Kit Kat Klub, con le potenti coreografie di Gillian Bruce tra cui spicca la travolgente “Mein Herr”, in cui la voce di Giulia Ottonello si fonde con le sensuali interpretazioni delle ragazze del cabaret. “Cabaret” vanta una colonna sonora straordinaria, a diritto entrata nel patrimonio dei musical grazie a brani intramontabili come “Wilkommen”, “Money”, “Maybe This Time” (Questa volta) e “Life is a cabaret” (La vita è un cabaret), la direzione musicale è di Riccardo Di Paola, la supervisione musicale è di Marco Marco Iacomelli, il disegno fonico di Enrico Porcelli.
Un ruolo completamente differente dalla comicità del Dottor Frankenstein – che ha portato con successo in tour con la Rancia per ben tre stagioni – per Giampiero Ingrassia/Maestrodi Cerimonie, il personaggio che prende vita solo sul palcoscenico del Kit Kat Klub. È il filo conduttore che rappresenta l’aspetto ludico della storia – vuole che tutti si lascino travolgere dall’atmosfera licenziosa del locale e si divertano per dimenticare i problemi che esistono realmente – e allo stesso tempo quello ambiguo e stravagante.
Un Maestro di Cerimonie ammiccante, ammaliante, tentatore, che apre agli spettatori le porte del club berlinese, sempre pronto a ridere e scherzare, ma con una morale corrotta e decadente, sottolineata anche dal trucco sapiente (un misto tra Joker, il Corvo e il cantante dei Kiss Gene Simmons), una maschera che trasuda inquietudine.
Ingrassia si cimenta in un ruolo complesso e dalle mille sfaccettature: recita ma soprattutto canta, con un momento di particolare intensità in “I don’t care much/Non importa”.
E nell’invito del Maestro di Cerimonie agli spettatori ad affrontare la realtà e ad abbandonare l’indifferenza è racchiuso il senso profondo dello spettacolo: “Vi emozionerete, piangerete, sicuramente, e vi farete molte domande”.
Fragile ed evanescente, Sally Bowles (Giulia Ottonello) è la giovanissima stella del club berlinese “che splenderà più di una stella” e inizia una relazione tempestosa con il giovane romanziere americano in cerca di ispirazione Cliff Bradshaw. E, mentre Sally sogna di diventare una grande attrice, fuori dalla porta del trasgressivo Kit Kat Klub il mondo va in frantumi.
Nella Berlino dei primi anni Trenta, sullo sfondo dell’avvento del nazismo, si intrecciano così le storie degli altri personaggi (l’austera Fräulein Schneider e il timido e riservato ebreo Herr Schultz – insieme prima in un romantico e delicato duetto e poi costretti loro malgrado a separarsi; la libertina Fräulein Kost e il nazista Ernst Ludwig) mentre sulla Germania, e sulle vite di tutti, sta per abbattersi la furia hitleriana.
“La vita è un cabaret”, canta Sally Bowles sul finale dello spettacolo, ma nel celeberrimo brano – cui Giulia Ottonello dona straordinaria vocalità e, allo stesso tempo, profonda drammaticità – esplodono i tormenti, le aspirazioni fallite, il tentativo di cercare spensieratezza anche quando il dramma incombe. Saranno le
ultime battute di Cliff a preludere al tragico epilogo: “C’era un cabaret ed un presentatore e una città chiamata Berlino in un paese chiamato Germania, ed era la fine del mondo”. E per il Maestro di Cerimonie non resta che una parola: “Auf Wiedersehen”.
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