Teatri Di Pietra In Campania

Teatri D'autunno 2022

Da Sabato 29 Ottobre a Domenica 13 Novembre 2022 - dalle ore 18:30
Dal 29/10/2022 al 13/11/2022 Teano (CE)
Dal 29/10/2022 al 13/11/2022 Piedimonte Matese (CE)
Dal 29/10/2022 al 13/11/2022 Maddaloni (CE)

Teatri di Pietra d’Autunno 29 ottobre - 13 novembre 2022 Teano, Maddaloni e Piedimonte Matese

Otto appuntamenti in scena di teatro, danza e musica programmati nei Musei archeologici dell’Alto Casertano, luoghi che raccolgono un patrimonio straordinario

Prenderà il via sabato 29 ottobre 2022 alle ore 18.30, nello straordinario Museo Archeologico di Teanum Sidicinum a Teano, Teatri di Pietra d’Autunno 2022, segmento della Rete Nazionale dei Teatri di Pietra che, da oltre vent’anni, pone al centro la valorizzazione dei siti archeologici e monumentali attraverso lo spettacolo dal vivo.

La Rete dei Teatri Pietra è un progetto in continuo sviluppo, e nasce, in primo luogo, per offrire un’occasione di pregio per vivere il paesaggio e la sua storia attraverso i siti monumentali, ma, soprattutto, per fare del teatro in ogni suo linguaggio (e dei luoghi dove il teatro prende vita) lo spazio d’incontro tra artisti e spettatori, espressione di quella comunità che, nell’esperienza dello spettacolo dal vivo, si rinnova ogni volta.

Teatri di Pietra d’Autunno 2022, promosso e realizzato da CapuAntica Festival e Pentagono Produzioni Associate con MIC Ministero della Cultura, Direzione Generale dei Musei Campani e i Comuni di Piedimonte Matese, Teano e Maddaloni, porterà in scena, i temi propri del classico e la sua natura a interfacciarsi con il contemporaneo e il vissuto.

Fino a domenica 13 novembre sono programmati, fra Teano, Maddaloni e Piedimonte Matese, otto appuntamenti di teatro, danza e musica, in cui lo spazio scenico diventa linguaggio della drammaturgia, sede di una profonda relazione fra attore, scena e pubblico: uno spazio speciale, promotore di relazioni inedite, in cui a esprimersi è la ‘verità’ poetica.

In questa prospettiva, gli straordinari luoghi del Complesso di San Domenico/Museo Civico "Raffaele Marrocco” (Piedimonte Matese), il Museo Archeologico di Teanum Sidicinum (Teano), e il Museo Archeologico di Calatia (Maddaloni) rappresenteranno l’occasione per l’incontro concreto e palpabile, tra spazio visivo, spazio archeologico e spazio scenografico.

Un interessante programma di cinque opere effettive, in cui i temi classici diventano “materia sensibile”, per un confronto con il contemporaneo attraverso il rito del teatro.

“Nella programmazione - sottolinea Aurelio Gatti, coordinatore delle Rete - trovano spazio le opere di Esopo e Fedro, Virgilio, Giordano Bruno e Verga. Ciascuno contribuisce alla costruzione di un racconto che, attraverso le vicende dei protagonisti, eroi o semplici uomini e donne, esplora, con i linguaggi della danza, del teatro e della musica il nostro presente e racconta con lucidità l’uomo contemporaneo”.

A inaugurare la rassegna, sabato 29 ottobre a Teano, sarà Lupus in fabula da Esopo e Fedro, drammaturgia Tato Russo, con Chiara Meschini e Luisa Stagni. E’ l’occasione per raccontare vicende esemplari in luoghi esemplari, dove l’attore racconta una vicenda entro uno spazio particolare, teatro o piazza non importa, ed ecco sorgere la fabula.

Domenica 30 ottobre, a Maddaloni, arriva Tempesta dall'Eneide di Virgilio nella drammaturgia di Sebastiano Tringali, con Lucia Cinquegrana, Paola Saribas, Valeria Busdraghi e Sebastiano Tringali, regia e coreografia Aurelio Gatti. Una «tempesta» di emozioni che coinvolgono gli spettatori trasportandoli simbolicamente su quelle carrette del mare, immersi nel buio, in balia delle onde, dove gli attimi diventano l’eternità. Memorie di una vita vissuta mai abbastanza, interrotta dalla tempesta di ricordi che si mischiano inutilmente alle speranze. Un futuro negato.

La programmazione riprenderà venerdì 4 novembre, a Teano, con La lupa da Giovanni Verga, coreografia Carlotta Bruni, musica Marco Schiavoni, narrazione Sebastiano Tringali, con Lucia Cinquegrana, Paola Saribas, Matteo Gentiluomo. Ragione e religione sono le grandi alleate e le grandi assenti dall’orizzonte della Lupa. Un racconto che incuriosisce perché parla di libertà, ma al contempo disorienta per la condizione antropologica così estrema, che spinge a interrogarsi sulla potenza e sull’impotenza degli schemi e delle convenzioni sociali.

Lo spettacolo sarà in scena anche sabato 5 novembre, a Maddaloni, e domenica 6 novembre, a Piedimonte Matese.

L’ultimo weekend di programmazione di Teatri di Pietra d’Autunno 2022 proporrà, venerdì 11 novembre, lo spettacolo Infiniti Mondi da Giordano Bruno, drammaturgia di Mario Brancaccio, con Lucia Cinquegrana, Elisa Carta Carosi, Matteo Gentiluomo, Paola Saribas

e Mario Brancaccio. Gli costò il rogo, ma il suo ostinato indagare seminò l’idea di una molteplicità di genti, pensieri e mondi coesistenti nella contemporaneità del tempo. Solo dopo, Giordano Bruno è divenuto il simbolo della massima libertà d’espressione per la quale si dispose a morire. Forse allora il pensiero iniziò una nuova vita, che poi sarà chiave di volta della coscienza morale moderna.

Lo spettacolo si replicherà sabato 12 novembre a Piedimonte Matese, e chiuderà la rassegna, domenica 13 novembre, a Teano.

Info e prenotazioni teatridipietra@gmail.com, whatsapp 3519072781, biglietti online su www.liveticket.it

Teatri di Pietra d’Autunno 2022 29 ottobre > 13 novembre 2022

Museo archeologico di Teanum Sidicinum Via Nicola Gigli, 23 - Teano (CE)

Museo archeologico di Calatia Via Caudina, 353 - Maddaloni (CE)

Complesso di San Domenico/Museo Civico "Raffaele Marrocco” Largo San Domenico - Piedimonte Matese (CE)

Inizio spettacoli ore 18.30 - ingresso euro 5

Programma

Sabato 29 ottobre 2022 Museo archeologico di Teanum Sidicinum – Teano

LUPUS IN FABULA da Esopo e Fedro drammaturgia Tato Russo con Chiara Meschini e Luisa Stagni

E in un tempo di sgomenti: ancora si dice il lupo avere potenza, col suo sguardo, di fare alli omini le voci rauche... Leonardo da Vinci Nell’assenza di “tempi dedicati” in cui fare muovere e transitare significati diversi da quelli dell’effimero e dell’edonistico esaltarsi nell’intrattenimento, pian piano è emersa la necessità di creare legami sociali di tipo nuovo, nuove modalità di stare insieme e di ripensare la socialità e soprattutto i luoghi che possano accoglierla.

È questo il contesto che ha aperto la strada a “Lupus in Fabula”, l’occasione per raccontare vicende esemplari in luoghi esemplari: l’attore che racconta una vicenda entro uno spazio particolare, teatro o piazza non importa….ed ecco sorgere la fabula.

Nell’antichità il termine designava qualsiasi rappresentazione teatrale tragica o comica e il teatro era l’espressione del momento collettivo… Teatro e “fabula” hanno sempre convissuto, fin dal sorgere del teatro stesso, «la narrazione, il gioco, il rito» ripeteva più volte Grotowski.

Nell’epoca digitale, raccontare le favole – a bambini o adulti che siano , sembra essere una pratica sempre più rara e addirittura ci si interroga, se questo narrare storie prese dal passato, possa nuocere alla visione della realtà, suggerendo uno scontro tra concretezza e visione.

Si delega a nuovi strumenti, ( appunto digitali…) fare da tramite tra la realtà e la fantasia. In questo modo però, si perde quel momento intimo che si viene a creare tra l’uditore e l’attore che racconta, si annulla un momento molto importante, magico: “l’anima desidera risposte immaginative che la muovano, la delizino, la sprofondino” (Hillman ) e “la mente è fondata sulla sua stessa attività narrativa, nel suo fare fantasia.

Questo fare è poiesis che significa propriamente “il fare dal nulla”…

Pensare a “Esopo” non come un individuo storico, ma come il simbolo di un’antica sapienza popolare, che perdurò nei secoli e viva ancora oggi, consente di fare della fabula una scrittura teatrale.

Le favole esopiche di diversa mano, epoca, redazione sono come un corpus omogeneo, che riflette un giudizio comune verso un dato comportamento di animali, dèi, esseri umani tanto da crearne personaggi . Esopo forse non inventò tutte le favole.

Nondimeno, ciascuna di loro può essere qualificata a buon diritto come “esopica”. La favola è un breve racconto caratteristico tanto della cultura occidentale quanto di quella orientale; in essa agiscono per lo più personaggi animali, dietro i quali è agevole individuare altrettante tipologie di comportamento umano.

Attraverso la piacevolezza della narrazione l’apologo persegue una finalità gnomica, suggerendo una condotta di vita all’insegna della prudenza, della laboriosità, della coscienza dei propri limiti.

Nella tradizione occidentale la favola si lega indissolubilmente al nome di Esopo, enigmatico personaggio vissuto tra il VII ed il VI sec. a.C. al quale viene attribuita la codificazione del genere, nonché la sua autonoma affermazione nel panorama letterario.

Il nutrito corpus di racconti ascritti a questa figura leggendaria viene successivamente rielaborato ed ampliato da autori più tardi (Fedro, I sec.d. C; Babrio, II sec. d.C. Aviano, IV sec. d.C).

La tradizione iconografica connessa al nome di Esopo procede, tanto nel mondo antico quanto in quello moderno, lungo due filoni paralleli: da una parte ci si confronta con reperti incentrati sul personaggio del favolista e sugli aneddoti della sua vita, tutti all’insegna di un’irriverente saggezza; dall’altra con testimonianze relative alle favole. Queste ultime conoscono una maggiore fortuna nell’ambito dell’età medievale, che ne apprezza il carattere fantasioso, allegorico ed edificante; sono oggetto di rinnovato interesse, infine, nel mondo rinascimentale, allorchè, accanto alla drastica selezione di racconti sopravvissuti durante l’età di mezzo, si fa progressivamente strada il recupero dell’originario repertorio in lingua greca.

Domenica 30 ottobre 2022 Museo archeologico di Calatia - Maddaloni

TEMPESTA dall'Eneide di Virgilio drammaturgia Sebastiano Tringali regia e coreografia Aurelio Gatti con Lucia Cinquegrana, Paola Saribas, Valeria Busdraghi e Sebastiano Tringali

Una «tempesta» di emozioni che coinvolgono gli spettatori trasportandoli simbolicamente su quelle carrette del mare, immersi nel buio, in balia delle onde, dove gli attimi diventano l’eternità. Memorie di una vita vissuta mai abbastanza, interrotta dalla tempesta di ricordi che si mischiano inutilmente alle speranze. Un futuro negato.

Il respiro silente del mare è filo conduttore della «Tempesta». La via del mare, la via della speranza, il nubifragio, la tempesta, la costa che è ancora lontana. La morte.

Ritrovare parallelismi, non lontani, tra poesia con la cronaca e l’attualità, non stupisce: così anche nel viaggio di un Grande Classico come l’Eneide, ci si incontra col tema dell’immigrazione: un gruppo di pagani che sfuggono da un’invasione vera e propria (la guerra dei Greci contro Troia), perpetrata con violenze di ogni genere fino ad operare una vera e propria sostituzione etnica.

L’Eneide inizia con una tempesta: e non una tempesta qualunque, ma un perfect storm virato sul mito, un’arcitempesta in cui tutti i venti a disposizione di un dio intervengono a recare la maggior devastazione possibile. Quella tempesta rispecchia in fondo qualcosa che l’uomo/Enea ha dentro: è l’epifania di un punto di rottura interiore, e quel gridare dell’uomo/eroe è rivelante.

Il mare, la sua vastità, il suo respiro... il silenzio che ne compete. Non più storie di uomini e il mare, ma l'emozione di un “Mare” non più vita, non più incontro o prospettiva. Un percorso di sola lirica.

E stupefazione in cui i ricordi si mescolano con la memoria presente e l'intuizione del tutto. L'attore così diventa il luogo e lo spazio di “Transito” di infinite vicende, mentre la danza respira l'immanenza di una vita desiderata e “mai più vissuta abbastanza”.

…I remi si spezzano, la prua si rivolta, offre all’onde il fianco: gli corre incontro il monte d’acqua scrosciando. Pendono questi in vetta al flutto, a quelli l’onda, che piomba, apre tra i flutti la terra, schiuma e sabbia ribollono. …un maroso investe a poppa: ne balza via il timoniere e a capofitto precipita; l’onda tre volte fa roteare la nave, il vortice avido l’inghiotte nel mare. Si vedono corpi nuotare dispersi pel gorgo funesto, armi guerriere, e tavole, e teucri tesori fra l’onde.

Venerdì 4 novembre Museo archeologico di Teanum Sidicinum - Teano

Sabato 5 novembre Museo archeologico di Calatia - Maddaloni

Domenica 6 novembre Complesso di San Domenico - Piedimonte Matese

LA LUPA da Giovanni Verga coreografia Carlotta Bruni musica Marco Schiavoni narrazione Sebastiano Tringali con Lucia Cinquegrana, Paola Saribas, Matteo Gentiluomo

Ragione e religione sono le grandi alleate e le grandi assenti dall’orizzonte della Lupa. Un racconto che incuriosisce perché parla di libertà, ma al contempo disorienta per la condizione antropologica così estrema, che spinge a interrogarsi sulla potenza e sull’impotenza degli schemi e delle convenzioni sociali. E non è bastante neanche l’ approccio etico che rischia di ridurre la portata esistenziale del lavoro verghiano.

La lupa sembra proprio al di là del bene e del male, e non si fa fatica ad avere un occhio benevolo verso di lei proprio perché nel suo orizzonte non è presente la cattiveria, la strategia o la premeditazione. La lupa vive in una dimensione di eccedenza dell’essere, e tutti coloro che si imbattono in lei non possono che rifugiarsi nelle “istituzione” della religione e della Legge.

Il brigadiere ed il parroco, infatti, diventano due figure chiave, che tentano di tenere Nanni al riparo dalla tempesta ormonale che irrompe quotidianamente nella sua ordinarietà di contadino e a cui egli cede. La tentazione. Nanni è intercettato in quel che desidera anche lui, che pur ha voluto farsi una famiglia e vivere in modo, come oggi si direbbe, “sistemato”. Il suo progetto di vita tranquilla è scombussolato dall’irrompere di un eros scomposto e irresistibile. Nanni addirittura prega il brigadiere di tenerlo in galera o di ucciderlo.

Si diceva dei simboli religiosi. Il diavolo quando invecchia si fa eremita. Di lei si parla come si parlerebbe del diavolo, perché la sua capacità di destrutturare gli equilibri razionali umani è paragonabile soltanto alla forza malefica di satana, con la quale solo la religione può e deve contrastare.

Persino Padre Angiolino di Santa Maria di Gesù, un vero servo di Dio, aveva persa l’anima per lei. Quando Nanni, colpito dal calcio di un mulo, sembra star per morire, il parroco addirittura gli rifiuta la comunione finché non avesse cacciato via la lupa da casa sua. Ma quando guarisce, il diavolo torna a tentarlo e a ficcarglisi nell’anima e nel corpo. Il linguaggio di Verga non fa sconti. Nanni è come un posseduto.

Non sapeva più che fare per svincolarsi dall’incantesimo. Pagò delle messe alle anime del

Purgatorio, e andò a chiedere aiuto al parroco e al brigadiere. A Pasqua andò a confessarsi, e fece pubblicamente sei palmi di lingua a strasciconi sui ciottoli del sacrato innanzi alla chiesa, in penitenza – e poi, come la Lupa tornava a tentarlo: “Sentite!” le disse, “non ci venite più nell’aia, perché se tornate a cercarmi, com’è vero Iddio, vi ammazzo!” “Ammazzami,” rispose la Lupa, “ché non me ne importa; ma senza di te non voglio starci.”

Questo passaggio è emblematico del rapporto che il testo instaura tra tentazione, religione e magia. Amore e morte combattono strenuamente senza alcuna possibilità di compromesso.

E’ una full immersion antropologica di grande senso . Al di là della fabula, alquanto semplice, l’attenzione sta nella tragedia umana a tinte, necessariamente, forti, per essere distante la vita artefatta e omologata del contemporaneo.

E quindi l’autenticità del verismo, di cui Verga è tra i massimi esponenti, ci restituisce un , – un mondo arcaico, scabro, dalle emozioni primigenie, in cui eros ed ethos si battono in un duello che solo nella morte può avere il suo epilogo: - Ammazzami, - rispose la Lupa, - ché non me ne importa; ma senza di te non voglio starci.

Venerdì 11 novembre Museo archeologico di Calatia - Maddaloni

Sabato 12 novembre Complesso di San Domenico - Piedimonte Matese

Domenica 13 novembre Museo archeologico di Teanum Sidicinum - Teano

INFINITI MONDI da Giordano Bruno drammaturgia Mario Brancaccio con Lucia Cinquegrana, Elisa Carta Carosi, Matteo Gentiluomo, Paola Saribas, Mario Brancaccio

Gli costò il rogo, ma il suo ostinato indagare seminò l’idea di una molteplicità di genti, pensieri e mondi coesistenti nella contemporaneità del tempo. Solo dopo, Giordano Bruno è divenuto il simbolo della massima libertà d’espressione per la quale si dispose a morire. Forse allora il pensiero iniziò una nuova vita, che poi sarà chiave di volta della coscienza morale moderna.

Eppure ora che abbiamo prove non solo di innumerevoli soli, ma di probabili mondi, che viviamo in un’era capace di connettere ogni singolo individuo in qualsiasi regione si trovi, quella auspicata coscienza di essere parte significativa di un unico grande tempo-azione sembra sfumare. E se infiniti sono i Mondi e le galassie, l’uomo non può essere il privilegiato del creato. Tantomeno lo è un unico popolo, appartenente alle molteplici e poliedriche razze umane.

Si ha la sensazione che il lascito di Giordano sia sfigurato in una speculazione tuttologa dai tratti indistinti. Il frate Nolano , capace di attraversare tutta l’Europa culturale del suo tempo, di affrontare papi e re, oggi rischia di essere ridotto ad icona tra il gotico e l’esoterico. La forza e la novità della sua ricerca, in bilico tra l’ intuizione e la teoria, stava nell’affermazione di un paradigma culturale in cui la “prova” era importante ma comunque successiva alla visione.

Cosa fa di Giordano Bruno materia di teatro?

Oltre “Il Candelaio” e l’incontro con letterati e scrittori tra cui Shakespeare , è quella «filosofia virile e impaziente tutta piena di ‘furor eroico’ per la ricerca del vero, e di ‘fastidio’ per i perditori di tempo» che fa di Giordano Bruno argomento e ingrediente del Teatro.

L’urgenza di fronte all’evidenza, l’irrefrenabile sete di indagine, la forza di scolpirsi addosso quesiti e sentimenti, anche contrastanti, a costo di perdere ogni salvifica soluzione.

Da qui una filosofia e una azione che scompaginano ogni tradizione e consuetudine mettendo al centro l’individualità e la natura di ogni singolo elemento. Riportando ogni più piccola cosa (minuzzaria) alla concretezza della Materia «generatrice e madre di cose naturali, anzi la natura tutta in sustanza».

Giordano è materia, quella stessa materia che per il Nolano è il principio, la verità dell’essere-tutto, nel pluralismo delle sue infinite possibilità di esistenza. Essere-Materia-Natura. Sostanza e Struttura del Tutto. Composizione e scomposizione continua di aggregati di atomi.

Questa sapienza/conoscenza del proprio compito e del proprio destino , la percezione del Tutto, il suono dello straordinario divenire che si compone nel presente e del presente , nel nostro tempo è una maledizione. Questa nostra epoca così dedicata alla “specialistica funzionalità” dei suoi viventi, capace di trasformare esperienze plurali in una tabella di metadati, di ridurre sino all’estinzione ogni materia/umanità non utile, è l’habitat in cui oggi si troverebbe a confrontarsi il Nolano.

“Maleritto me” è il mantra di Infiniti Mondi: non una invocazione ma una sommessa e dolorosa affermazione che si perpetua ….. in scena il Maledetto – Mario Brancaccio, e la danza degli Infiniti Mondi.